Uno dei problemi economici che l'Italia deve riuscire ad affrontare riguarda l'andamento della produttività
Il Governo Meloni incassa importanti successi non solo sul piano della politica internazionale, ma anche nel campo dell’occupazione, dell’economia e della finanza pubblica. I risultati che si susseguono, anche se dovrebbero essere migliori per rispondere alle necessità del Paese, raggiungono standard di buon livello e comunque da record nella storia recente dell’Italia. Da ultimo il rating di Fitch ha rappresentato un importante riconoscimento, che si aggiunge agli altri, per l’affidabilità dell’Italia.Le opposizioni si rifiutano ostinatamente di riconoscere questi risultati, ma si impegnano a demolirli a parole.
In queste settimane si è discusso molto di violenza. La destra e la sinistra si sono rimpallati l’accusa. Per quanto mi riguarda considero l’atteggiamento delle opposizioni rabbioso più che violento, come se avvertissero che la maggioranza non lascia spazi per critiche ossessive di merito. Ormai a ogni notizia positiva sul piano della finanza pubblica sanno solo dire che “i salari sono bassi”, senza indicare che cosa potrebbe fare il Governo per alzare il loro livello e soprattutto senza chiedere conto alle parti sociali e ai sindacati come ritengono di provvedere a questo gap sulla base delle loro imprescindibili funzioni.
La sinistra politica e sindacale si è già data una risposta che chiama in causa la politica e il Governo chiamati a risolvere il problema in via legislativa attraverso il salario minimo, il ripristino del Reddito di cittadinanza a livello regionale e soprattutto la restituzione del fiscal drag che Landini ha quantificato in mille euro pro capite. La produttività continua a essere una parola malata nonostante che, nelle ultime settimane, la questione cruciale della crescita dell’economia e delle retribuzioni sia stata oggetto di importanti contributi.

Il Cnel ha pubblicato un rapporto sull’argomento, secondo il quale una delle principali criticità riguarda il fatto che a inizio del 2025 i salari reali in Italia erano ancora inferiori del 7,5% rispetto al 2021. Nello stesso periodo, il costo d’uso del capitale è progressivamente aumentato, sia per l’aumento del tasso di interesse nominale, che è rimasto relativamente elevato anche in presenza di inflazione in calo, sia a causa del costo dell’energia, aumentato di oltre il 30% rispetto ai livelli pre-crisi. Ne risulta che le imprese negli ultimi anni sembrano aver preferito espandere il fattore lavoro, relativamente più conveniente, piuttosto che investire in beni capitali.
Il confronto internazionale suggerisce che l’Italia ha incontrato maggiori difficoltà nel dare avvio a un percorso di rafforzamento strutturale della produttività. Tale elemento costituisce una chiave interpretativa fondamentale per analizzare la traiettoria di crescita dell’economia italiana nel confronto europeo. In Italia vi sono degli handicap strutturali derivanti dalla frammentazione della struttura produttiva italiana: il 94,7% delle imprese ha meno di 10 addetti, una quota molto superiore a Germania o Francia. Più della metà dei lavoratori è occupata in imprese con meno di 20 addetti.
Questo frena la produttività aggregata, perché le microimprese investono meno in capitale fisico, innovazione e tecnologie, hanno più difficoltà a investire in conoscenze e a sviluppare modelli di organizzazione aziendale innovativa, e partecipano poco alle catene globali del valore.
Per favorire migliori pratiche gestionali sarebbe utile estendere e potenziare programmi di sostengo alla managerializzazione e all’internazionalizzazione delle imprese. Le capacità manageriali e la partecipazione alle catene globali del valore sono infatti associate a performance aziendali migliori, e la valutazione di alcune politiche – come il voucher internazionalizzazione, volto a coprire parte delle spese sostenute per consulenze di manager temporanei accreditati per supportare le esportazioni – mostra risultati promettenti.
Più in generale, fa notare il Cnel, i dati Istat mostrano che l’Italia negli ultimi anni ha sperimentato una riduzione della frammentazione dimensionale di impresa. Nella manifattura, tra il 2008 e il 2022, il numero delle imprese si è ridotto di 110.000 unità, di cui 105.000 avevano meno di 20 addetti. Questo fenomeno peraltro non è limitato al settore manifatturiero, ma è diffuso in tutti i settori economici. Negli ultimi anni, però, a tale consolidamento non è corrisposto un miglioramento proporzionale della produttività.
L’Ufficio parlamentare di bilancio, nel suo rapporto sulle politiche di bilancio, aggiunge un elemento nuovo che si integra con i problemi del mercato del lavoro e della crisi dell’offerta per motivi demografici e della carenza delle competenze. Per rafforzare la crescita della produttività appare quindi cruciale, secondo l’Upb, migliorare l’efficienza della riallocazione del lavoro attraverso politiche attive e un maggior coordinamento tra politiche industriali e del lavoro.
Alla luce di tali risultati, emerge l’importanza di interventi di politica economica volti a rafforzare i meccanismi di riallocazione efficiente della forza lavoro e a migliorare la capacità del mercato del lavoro di assorbire gli shock settoriali. Inoltre, un maggiore coordinamento tra politiche industriali e politiche del lavoro potrebbe contribuire ad anticipare i fabbisogni professionali e ad accelerare il matching in fase espansiva, riducendo i tempi di inattività e i costi di transizione.
In questo quadro, la contrattazione salariale potrebbe valorizzare maggiormente gli andamenti di produttività a livello settoriale, non solo tra comparti ma anche all’interno degli stessi, così da ristabilire una connessione più stretta tra crescita dell’efficienza e dinamica retributiva, attenuando il disallineamento emerso negli ultimi cicli economici. Ma l’implementazione della produttività dispone anche di un versante contrattuale in cui i risultati sono ragguagliati alle retribuzioni, con il corredo di importanti benefici fiscali. Il ministero del Lavoro ha reso noti i dati relative a queste esperienze, mediante un report aggiornato al 15 settembre, consultabile cliccando qui.
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