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Home » Lavoro » La delega è un’occasione unica per far sparire la cattiva flessibilità

  • Lavoro

La delega è un’occasione unica per far sparire la cattiva flessibilità

Antonio Bonardo
Pubblicato 30 Maggio 2014
Lavoro_JobsR439

Fotolia

Con la conversione in legge del Decreto Poletti si è fatto un altro deciso passo avanti sulla strada della flexicurity. Ora si può fare di più con il disegno di legge delega

Con la conversione in legge del Decreto Poletti si è fatto un altro deciso passo avanti sulla strada della flexicurity, indicata dall’Europa per coniugare la flessibilità necessaria alle imprese per competere nell’economia globalizzata e la sicurezza cui aspirano i lavoratori per perseguire i propri progetti di vita. Strada che in Italia, va riconosciuto, fu imboccata per prima dall’ex Ministro Elsa Fornero. Ed è proprio grazie alla sua coraggiosa riforma del lavoro del 2012, in cui vennero abbattuti tabù atavici (acausalità, articolo 18, ammortizzatori sociali, politiche attive), che oggi il Ministro Poletti può proseguire nel completamento di un’azione modernizzatrice del nostro mercato del lavoro, a suo tempo bloccata a metà del guado dalle forze della conservazione. Soffermandoci sul contratto più flexicuro del nostro ordinamento, la somministrazione di lavoro tramite agenzia, vediamo cosa è stato fatto e cosa resta ancora da fare in sede di redazione della legge delega.


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La Riforma Fornero introdusse la possibilità di sottoscrivere contratti di somministrazione a tempo determinato senza obbligo di indicare la causale giustificatrice per un periodo massimo di 12 mesi, limitatamente al primo rapporto di lavoro tra un lavoratore e un’impresa utilizzatrice. Ora il decreto 34/2012 convertito in legge la scorsa settimana ha compiuto l’opera, sradicando definitivamente dal nostro ordinamento l’obbligo di questo adempimento inutile e dannoso, foriero solo di incertezze e contenziosi, inadeguato a tutelare lavoratori e aziende.


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Un altro passo in avanti riguarda la riscrittura dell’art.5, comma 4-bis del D. Lgs. 368/2001, che regola la successione dei contratti a termine e la loro durata massima complessiva di 36 mesi, per le stesse mansioni, includendo in tale conteggio anche eventuali periodi svolti in somministrazione: si è specificato che questo limite di durata si riferisce solo al contratto a termine. Ne consegue che la somministrazione di un lavoratore tramite agenzia, per la stessa mansione e la stessa azienda utilizzatrice, non ha vincoli di durata massima, anche a seguito del raggiungimento dei 36 mesi di cui sopra, come peraltro già indicato dalla circolare ministeriale 18/2012 e dal successivo interpello 32/2012.


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Per essere pienamente in linea con la Direttiva europea 2008/104 sulla regolamentazione della somministrazione di lavoro tramite agenzia, che indirizza gli Stati Membri da un lato a garantire la parità di trattamento tra il lavoratore inviato dall’agenzia e quello assunto direttamente dall’azienda utilizzatrice, per mansioni equivalenti, e dall’altro a rimuovere tutte le limitazioni normative al suo utilizzo, lasciando in essere solo quelle finalizzate a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, occorre ora abrogare, con la legge delega sul riordino delle forme contrattuali, altre due limitazioni al ricorso a questa forma contrattuale di buona flessibilità: 1) il potere riconosciuto alla contrattazione collettiva nazionale dei vari settori di individuare delle percentuali massime di utilizzo dei lavoratori somministrati; 2) le mansioni e i settori per i quali è possibile ricorrere alla somministrazione a tempo indeterminato, rendendola invece sempre possibile.


Agenzia Nazionale per l'Occupazione: per scegliere il capo, il Ministro Poletti segua l'esempio dell'Università di Trento!


Più in generale, occorrerà approfittare di questa occasione che abbiamo davanti a noi nei prossimi mesi per riscrivere il contratto di somministrazione, magari redigendo un Testo Unico, in modo da separarlo definitivamente dal contratto a termine, così come ha fatto l’Europa.

Quando nel 2001 venne scritta la norma sul contratto a termine e nel 2003 quella della somministrazione, a livello comunitario esisteva solo la direttiva europea 1999/70, che indirizzava gli stati membri a normare in senso limitativo il contratto a termine, quello stipulato direttamente tra impresa e lavoratore, per evitarne le reiterazioni abusive, di modo che questa forma contrattuale non diventasse sostitutiva della forma prevalente di assunzione dei lavoratori dipendenti, costituita dal contratto a tempo indeterminato. Questo è il motivo per cui in Italia, dal punto di vista normativo, il contratto di somministrazione a tempo determinato e il contratto a termine sono così intrecciati, generando talora problemi interpretativi.


Il sistema deve reggersi senza intervento pubblico


Ora, con la delega, laddove si prevede il riordino delle forme contrattuali, occorre adeguare definitivamente la nostra legislazione sul lavoro alle fonti normative di derivazione comunitaria, che nel frattempo si sono arricchite della direttiva europea specifica sul lavoro somministrato tramite agenzia, la numero 2008/104 appunto, di cui abbiamo già detto.

In tal modo, sempre proseguendo nel solco innovatore a suo tempo tracciato dalla Riforma Fornero, si potranno ulteriormente restringere le norme sulle collaborazioni coordinate e continuative, i contratti a progetto, le associazioni in partecipazione e le finte partite iva, riportando nell’alveo del lavoro dipendente e tutelato proprio della somministrazione tramite agenzia tutto ciò che ancora oggi vi sfugge, mascherato da falso lavoro autonomo, da lavoro fintamente appaltato a cooperative spurie (specialmente nel settore logistico) e da lavoro nero. 


Dobbiamo aiutare i giovani a riscoprire il lavoro manuale


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