Lunedì 13, in Regione Lombardia, si è tenuto il convegno di presentazione della Associazione “Patto Lavoro Lombardia”, che si propone di dare rappresentanza agli operatori accreditati nella regione per i servizi al lavoro e che non sono Apl, ossia Agenzie per il lavoro riconosciute a livello nazionale.
Per spiegare ai non lombardi, con la legislazione sul lavoro Regione Lombardia si è prefissa due obiettivi: lasciare la libertà di scelta dell’operatore al cittadino che intende avvalersi dei servizi e, inoltre, dare la possibilità anche alla “sciura Maria”, che come volontariato aiuta i disoccupati, di fare parte della rete di servizi accreditati. Ovviamente la “sciura Maria” aveva due possibilità: crescere creando una propria società (si sa che il vizio imprenditoriale in Lombardia è molto diffuso) oppure mettersi in rete con un operatore accreditato e continuare nella sua opera volontaria. Da questo spirito di apertura verso la libertà e responsabilità degli operatori sono nate regole di accreditamento per i servizi al lavoro che hanno visto, oltre alla rete rappresentata dalle Apl, il formarsi di una rete di operatori locali per i servizi al lavoro che non ha eguali in altre realtà.
In maggioranza si tratta operatori di servizi al lavoro legati a reti di formazione professionale che fanno riferimento alla filiera dei salesiani, della Compagnia delle Opere o alle associazioni datoriali come Confcommercio. Non mancano però operatori che prima svolgevano servizi di ricerca del personale per mondi cooperativistici e per operatori del settore socio sanitario. Questa rete di fornitori di servizi al lavoro ha nel tempo conquistato ruoli di eccellenza nei servizi di collocazione e ricollocazione.
Secondo il sistema di valutazione che monitora i risultati di tutti gli operatori, si piazzano immediatamente dopo le grandi Apl in termini di quantità di servizi erogati. Ma spesso primeggiano in termini di qualità. È questo il caso di Galdus per quanto riguarda il sistema duale per gli apprendisti (primo operatore nazionale per efficacia nei risultati), ma anche altri primeggiano per la ricollocazione di figure professionali “difficili” per la rete lavoro dei disabili.
Il fatto che siano operatori molto legati alle specificità del loro territorio e con una chiara vocazione a sviluppare rapporti fra domanda e offerta di lavoro li rende i migliori operatori nella collaborazione con i Centri per l’impiego pubblici. La volontà di dare vita a una propria associazione di rappresentanza nasce proprio da queste particolarità e qualità che li caratterizzano e con il Jobs Act potrebbero non essere valorizzate se dovessero prevalere le spinte centralistiche.
Tra l’altro il Jobs Act ha introdotto anche nel sistema nazionale dei servizi al lavoro il criterio dell’accreditamento al fine di fare una rete di operatori pubblici e privati. E nel decidere chi fa cosa si può nascondere la negazione stessa del principio della legge. A oggi, infatti, circolano bozze di proposta che vedrebbero possibile l’accreditamento assegnando solo ai centri pubblici la possibilità di procedere all’elaborazione dei contratti di ricollocazione con i privati relegati a un ruolo secondario. Inoltre, prevale l’idea di un sistema unico che annullerebbe anche le best practices cresciute in alcune regioni come la Lombardia.
Gli stessi operatori promotori del Patto Lombardo ritengono che per quanto riguarda gli obblighi amministrativi legati ai fornitori dell’assegno di ricollocazione è bene che siano i Cpi a svolgere un ruolo centrale. Ma, sia in questo caso, sia soprattutto per i servizi al lavoro generalisti, la rete deve rispettare la libertà di scelta della persona e quindi permettere a tutti gli operatori accreditati, nazionali e regionali, di operare su tutta la gamma di servizi.
Serve una cultura dei servizi pubblici che siano programmatori e valutatori e non invece controllori centralistici degli aspetti formali. Inoltre, le esperienze nate in questi anni confermano che dove i Cpi hanno svolto questi ruoli in competizione con gli operatori privati è stato il sistema nel suo complesso a funzionare meglio e a fornire risultati di ricollocazione in linea con le migliori realtà europee.
L’importanza per questi operatori di darsi una rappresentanza è perciò fondamentale, perché punta a migliorare ulteriormente il sistema lombardo, che resta un’eccellenza nazionale, ma punta anche a essere interlocutore con la nuova Agenzia nazionale per il lavoro affinché si sviluppino procedure capaci di promuovere le reti di servizi più efficaci stralciando le parti che invece proporrebbero un nuovo centralino burocratico. Vi è bisogno di un nuovo sistema condiviso, basato su principi comuni di accreditamento se vogliamo che si generalizzino le esperienze positive esistenti e tutte le regioni siano chiamate a competere sull’efficacia dei servizi e non solo sul rispetto burocratico delle norme.