Convertito in legge, con modificazioni, il Decreto dignità con 155 voti a favore su 280. Dopo il via libera della Camera – che ha approvato il disegno di legge di conversione con 312 favorevoli su 503 votanti pochi giorni fa – il disegno di legge è stato esaminato dall’aula del Senato nello stesso testo licenziato dalla Camera in quanto le Commissioni riunite Finanze e Lavoro, pur avendo concluso i lavori in sede referente, non avevano dato mandato ai relatori.
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Il testo approvato definitivamente presenta importanti modifiche rispetto a quello congedato dal Consiglio dei ministri il 2 luglio scorso, che tanto aveva allarmato – tra gli altri -le Agenzie per il Lavoro (Apl), per un’impostazione che sembrava pregiudiziale nei confronti della somministrazione di lavoro e metteva a rischio decine di migliaia di posti di lavoro. Le associazioni di rappresentanza delle agenzie hanno infatti attivato da subito tutti i canali opportuni per portare all’attenzione dei parlamentari e del ministro le differenze tra la somministrazione di lavoro e il contratto a termine, evidenziando altresì la netta distinzione tra queste due tipologie di rapporti di lavoro e le forme di lavoro realmente precarie: lavoro nero, partite Iva fasulle, falsi rapporti di lavoro a tempo parziale, contratti collettivi pirata, caporalato, e così via.
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Rosario Rasizza, presidente di una delle 3 associazioni di categoria delle Apl, Assosomm, raggiunto telefonicamente ci ha dichiarato che la parificazione della disciplina della somministrazione a quella del tempo determinato “facendo venir meno quasi completamente la diversità dei due contratti crea confusione nel mercato della somministrazione”. Andrea Lombardi, presidente dell’altra associazione di categoria, Alleanza Lavoro network, è ancora più duro in quanto il Governo “ha accolto solo alcune delle proposte degli addetti ai lavori facendosi scudo di un’ideologia passata che contrappone lavoratori e datori di lavoro e non è in linea con le evoluzioni del mercato del lavoro”.
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Le revisioni al decreto, quindi, non lasciano tirare un sospiro di sollievo ai lavoratori delle agenzie, in quanto sono ancora presenti significative restrizioni all’utilizzo del lavoro somministrato rispetto alle regole in vigore prima della sua approvazione. Innanzitutto il limite di durata del contratto viene drasticamente ridotto da 36 mesi – più eventuali altri 12 in presenza di particolari ragioni e accortezze per un totale di 48 mesi – a 12 mesi, più eventuali altri 12 mesi in presenza di particolari motivazioni per un totale di 24 mesi. Si introduce, inoltre e nuovamente, la necessità di giustificare dopo 12 mesi il ricorso a un contratto a termine, ritornando così ad aumentare i contenziosi tra imprese e lavoratori. Mentre, per quanto riguarda la somministrazione, durante la discussione alla Camera si è evidenziato che le ragioni per stipulare il contratto devono riferirsi all’azienda utilizzatrice delle prestazioni del lavoratore e non all’Apl.
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In secondo luogo la quantità massima di lavoratori a termine e somministrati per ciascuna impresa è stata accomunata ed elevata al 30%, tuttavia con l’attenuante che i contratti collettivi potranno stabilire dei limiti percentuali differenti per il lavoro a termine diretto e quello somministrato.
Sembrano invece appianarsi alcune incertezze applicative presenti nel testo originario presentato in Consiglio dei ministri, che avevano destato allarme. Prima fra tutte la conferma della non applicazione alla somministrazione del cosiddetto stop and go, ossia la necessità di una sosta di 10 o 20 giorni, a seconda della durata del precedente rapporto, prima di stipulare un nuovo contratto con lo stesso lavoratore. Lombardi, sottolineando il gran lavoro fatto per illustrare ai membri del Governo e del Parlamento il funzionamento reale della somministrazione di lavoro, afferma che “trovarsi a combattere per rendere evidente l’ovvio fa perdere solo molto tempo a tutti quegli operatori del mercato del lavoro che hanno come obiettivo il reale aumento dell’occupazione di qualità” e, prosegue, “non consente di concentrarsi sulla vera priorità che è quella di rendere i lavoratori attraenti per i datori di lavoro e, quindi, tutelarli sul mercato del lavoro”.
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Nonostante alcune modifiche al decreto del luglio scorso, non si placano, quindi, le critiche nei confronti del testo che rende evidente una visione inattuale del mercato del lavoro. Rasizza afferma che dovremmo pensare “a ciò che sta succedendo in Francia, dove viene approvata una norma per aiutare i lavoratori a essere parte attiva di una società di competenze e non di posti fissi”. Una novità rispetto al decreto legge è la re-introduzione della norma punitiva delle condotte fraudolente nell’utilizzo della somministrazione, decisione non osteggiata dalle agenzie che storicamente hanno sempre dichiarato di battersi per il rispetto della legalità e della trasparenza del mercato del lavoro in quanto i comportamenti illegali producono effetti negativi sui lavoratori direttamente interessati e su tutto il mercato del lavoro. Tuttavia le agenzie sono sì favorevoli all’idea di punire condotte fraudolente, ma la norma approvata, così come è scritta, non delinea in modo netto le condotte da punire, rendendo incerta l’azione di tutto il settore.
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Anche quest’ultimo punto, che avrebbe potuto trovare concordi le Apl, evidenzia così la necessità che si torni a un dialogo con gli operatori del mercato prima di adottare dei provvedimenti che potrebbero causare effetti contrari a quelli voluti. Sia Alleanza Lavoro che Assosomm, nelle parole dei rispettivi presidenti, Andrea Lombardi e Rosario Rasizza, ci hanno confermato che auspicano che si possa aprire un dialogo costruttivo con il ministro Di Maio.