All'eresia di Ario il Concilio di Nicea rispose con Cristo Dio fatto uomo e suo redentore. È questa la vittoria di Nicea e su d essa si fonda l'unità
A Nicea il Patriarca Bartolomeo e papa Leone hanno proclamato la grande importanza del Credo. Esso riuscì a rinsaldare nell’unità i cristiani del IV secolo perché non presenta una dottrina in risposta alle teorie di Ario, ma annuncia il fatto di Cristo che è ancora presente nell’unità dei cristiani che vivono la fede trasmessa dagli apostoli.
A Nicea si è realizzata l’unità perché esperienze carismatiche diverse per storia e cultura si sono sommate, mentre la dottrina di Ario, costruita in modo intellettualistico, ha portato allo scontro e all’eresia.
Il patriarca ha ricordato che Nicea deriva dalla parola greca “vittoria” (nike). Onorando la memoria di questo luogo sappiamo che “il nostro segno paradossale della vittoria è l’inespugnabile segno della Croce”. Però la vittoria che si celebra in questo luogo non è di questo mondo. È la vittoria della fede, per mezzo della quale “la tirannia del peccato è abolita nelle nostre vite, la schiavitù della corruzione è sciolta e la terra è elevata al cielo”.
Papa Leone ha poi autorevolmente affermato che i cristiani soprattutto oggi, di fronte all’annuncio del Credo, devono chiedersi chi è il Cristo della loro vita perché “rischiano di ridurre Gesù Cristo a una sorta di leader carismatico o di superuomo, un travisamento che alla fine porta alla tristezza e alla confusione”.
La confessione di fede cristologicamente trinitaria e la salvezza vissuta in quella fede riconciliano con Dio. “Quanto più siamo riconciliati, tanto più noi cristiani possiamo rendere una testimonianza credibile al Vangelo di Gesù Cristo, che è annuncio di speranza per tutti, messaggio di pace e di fraternità universale che travalica i confini delle nostre comunità e nazioni”.
La successiva recita comune del Credo e del Padre nostro sono un gesto liturgico, presagio di unità che solo nella celebrazione comune della Divina Liturgia si realizza completamente. Queste parole pronunciate davanti ai rappresentanti di quasi tutte le Chiese e le comunità ecclesiali sono la sintesi di una lunga riflessione sul Credo iniziata da tempo a Roma e a Costantinopoli nel desiderio ardente di camminare sempre più intensamente verso la piena unità.
Il pellegrinaggio a Nicea obbliga tutti i cristiani a rivivere insieme con umiltà ed obbedienza il significato del cristianesimo. Gli annunci indicati provengono da una lunga riflessione documentata da numerosi scritti autorevoli prodotti da entrambe le Chiese che esprimono la loro esperienza esistenziale.

Provoca stupore il fatto che nella teologia carismatica, cioè quella che descrive i vari aspetti della vita cristiana, le concordanze siano molto superiori alle divergenze, nate dall’ingerenza negativa delle circostanze storiche e dal tecnicismo della teologia accademica. Bartolomeo e Leone testimoniano che la teologia carismatica nasce dal vivere nell’abbraccio di un Dio-Trinità che offre agli uomini Cristo, Dio e uomo, come dono supremo del suo amore. In Lui tutta l’umanità trova la sua consistenza ed il suo destino. Egli nel mistero della totale obbedienza al Padre è fonte di salvezza e di divinizzazione. In Lui tutta la vita cristiana è una comunionalità di persone innestate nella sua vita trasmessa dagli apostoli.
I cristiani esercitano tale vita nella memoria – ossia nel riconoscimento della presenza di Cristo nella storia – della salvezza voluta dal Padre, attuata da Cristo nello Spirito. L’ acquisizione esistenziale della salvezza nei santi misteri ha il nome di divinizzazione dell’uomo, che è lo scopo finale della creazione.
È sorprendente che questo termine squisitamente ortodosso circoli ora liberamente nella teologia latina, mentre fino a ieri era considerato con molta perplessità e molte riserve. “La divinizzazione – ha detto papa Leone nella sua Lettera apostolica In unitate fidei – non ha nulla a che vedere con l’auto-deificazione dell’uomo (…) La divinizzazione è la vera umanizzazione”. Il cristianesimo pertanto è promozione umana capace di rendere più umani gli uomini, di farli costruttori di pace attenti a tutti i problemi che nascono dalle strutture sociali.
Il Credo, poi, intrecciando strettamente il mistero trinitario con la figura di Cristo, offre preziosi spunti per approfondire il rapporto storicamente complicato tra sinodalità e primato, tra carisma e autorità, perché la Chiesa è immagine della Trinità.
Papa Leone ha anche sottolineato che il Credo di Nicea non è possesso tranquillo, ci interpella e lancia tre sfide alla cristianità di oggi: “cogliere l’essenza della fede e dell’essere cristiani”, “riscoprire in Cristo il volto di Dio Padre”, “la mediazione della fede e lo sviluppo della dottrina”, cioè “mediare la fede nei linguaggi e contesti attuali” per ottenere un approfondimento carismatico dell’esperienza di fede.
Questa memoria del primo concilio risulta pertanto un potente stimolo per continuare il cammino verso la completa unità dei credenti in Cristo.
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