LETTERA ALL’UE/ Le divisioni di Lega e M5s smontano la “lezione” di Conte
La lettera del Governo italiano raggiungerà oggi Bruxelles. I giusti appunti all’Ue di Conte non cancellano i problemi evidente del nostro Paese

Insomma, Giuseppe Conte ci mette la faccia e fa, in fondo, l’unica cosa che un presidente del Consiglio di un Paese in difficoltà economiche come l’Italia può fare: sposta il discorso più in là rispetto ai nostri guai, illuminando i mali comuni, che sono effettivamente tanti, nell’Unione monetaria, e che i paesi egemoni, Germania e Francia, fingono di non patire ma patiscono eccome. Quindi a leggere la lettera che il consiglio dei ministri ha approvato ieri sera e che oggi raggiungerà formalmente la Commissione europea per rispondere alle sue rimostranze e convincerla a non avviare la procedura d’infrazione per eccesso di debito, un marziano appena atterrato in Italia resterebbe ammirato.
Peccato che Jean-Claude Juncker ha tante caratteristiche singolari per un Presidente europeo, ma non quella di essere extraterrestre, e dunque le osservazioni di Conte potranno senza dubbio essere accolte con attenzione, e fatalmente anche con quel filo di ironia che accompagna – secondo il vecchio adagio popolare – l’affermazione di un bue che dia del cornuto ad un asino.
Ma cosa dice in sostanza Conte? Una cosa semplice, innanzitutto: che cioè il Governo ritiene di poter praticare tagli alla spesa per due miliardi e ridurre dello 0,2% il saldo strutturale di bilancio nel 2020, il che dovrebbe bastare – come enunciato – per scongiurare appunto la procedura d’infrazione, ferme restando le famose clausole di salvaguardia, prima fra tutte l’aumento dell’Iva, che dovrebbe scattare l’anno prossimo, salvo miracoli.
Poi il professor Conte passa alla lezione. Che non va definitiva “lezioncina” con sarcasmo, perché contiene tutte cose giuste, non fosse per quell’altrettanto giusta perplessità sulla legittimità, per l’Italia, a rimproverare i primi della classe senza aver fatto i compiti. Comunque: Conte dice che l’Unione sbaglia a “limitare la governance all’esclusivo e rigoroso rispetto delle regole di bilancio”, com’è stato fatto nel caso della Grecia, perché farlo è “drammaticamente controproducente”, e ha ragione, peccato che non possa o non voglia ricordare che il beneficiario del collasso greco è stata la Germania, che ha raccattato per pochi soldi e si è annessa alcune infrastrutture pubbliche strategiche della Grecia come gli aeroporti, lasciando acquistare ad altri degli avamposti ineludibili come il Porto del Pireo, andato a cinesi, ed è quindi colpevole di un enorme conflitto d’interessi politico che però la sua potenza le permette di non veder sanzionato da nessuno. E vabbè. Conte auspica poi una “fiscal stance”, cioè una politica di bilancio che sia anticiclica, che quindi bilanci i cicli economici, e sia dunque espansiva quando il ciclo naturale frena e semmai un po’ frenante solo quando accelera…
Poi Conte chiede riforme profonde dell’Unione per evitare il declino, suggerisce che l’Eurozona spenda più dei 17 miliardi attualmente previsti, faccia l’unione bancaria e vari gli eurobond: tutto il contrario di quanto vuole la Germania. La quale viene colpita nel vivo anche in un passaggio in cui si biasima l’accumulo di grandi surplus commerciali e la mancata censura di essi. Chissà come arrossirà la Merkel.
Dunque una lettera tutto sommato seria e coraggiosa. Che non cancella, però – e come potrebbe? – le colossali incongruenze del nostro Paese, oggi. Un Paese allo sbando civico e civile. Con i processi di taglio alla spesa pubblica arenati; con gli investimenti pubblici bloccati da scontri politici e leggi inattuabili; con le politiche per il lavoro confuse e in parte controproducenti; con un’evasione fiscale colossale e irriducibile; con una mole enorme di promesse velleitarie da mantenere; con una politica estera schizofrenica. E si potrebbe continuare.
Conte fa quel che può, e si conferma una persona garbata, educata – non è poco – e seria negli intenti e negli sforzi. Il Parlamento in carica però non esprime gli equilibri d’opinione appena manifestati dal Paese col voto europeo; i vicepremier saranno anche buoni amici, ma rappresentano due partiti lacerati al proprio interno da trazioni opposte, evidentissime nei Cinquestelle, meno evidenti ma ormai forti anche nella Lega, tra la componente nordista e quella salviniana. E dunque una maionese civile, politica ed economica completamente impazzita.
Ciliegina sulla torta di oggi: il Procuratore capo di Milano, Francesco Greco – peraltro nato a Napoli – che osa spiegare la verminosa verità scoperchiata dall’inchiesta sul Csm circa gli intrighi di potere nella magistratura, prendendosela con Roma: “Sconcertati dalle logiche romane”… Roma Ladrona la Lega non perdona, post-litteram.
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