Un evento della CdO sull’educazione, a Forlì. Là dove trova un significato vissuto senza schemi, la gente partecipa e ascolta
Caro direttore,
sono stato invitato a dialogare intorno alle questioni educative all’Event-One di Forlì organizzato dalla Compagnia delle Opere romagnola e da alcune opere caritative e sociali. Una tre giorni di incontri, mostre, stand nel centro di Forlì con a tema la speranza: “Sperare è ricominciare”, il titolo.
Arrivando in città, mi ha colpito questa piazza, tra le più belle e grandi di Forlì, con un palco enorme e centinaia di sedie. Pensavo: ma chi verrà mai a riempirle? Parlando qua e là, ho incontrato gente di tutti i tipi: studenti, operai, professionisti, insegnanti, pensionati, tutti con una accoglienza e un sorriso sinceri, con un entusiasmo difficile da vedere in giro. Sotto un sole cocente – quasi di luglio, mentre invece eravamo a fine maggio – hanno incominciato ad arrivare gruppetti e a occupare la piazza fino a gremirla, sotto i miei occhi abbastanza increduli. Professori che avevano invitato i loro studenti e tanti colleghi, lavoratori che accompagnavano i loro titolari o i loro dipendenti, famiglie con amici e vicini di casa.
“Vieni a sentire delle testimonianze e un incontro che mette a tema che vuol dire tirar su dei figli o degli studenti?”. Tanti vivono e sentono a pelle la fatica dell’educazione. Tanti non hanno detto di no. Sono venuti e hanno ascoltato con un’attenzione incredibile. In una piazza con centinaia di persone, un silenzio assordante e commovente.
Una mamma ha raccontato le sue esperienze di affido, un educatore che cosa abbia voluto dire per la sua vita stare di fronte a ragazzi difficili, io di come il rapporto con i miei studenti mi abbia aperto le domande più vere e drammatiche sul significato della vita.
Abbiamo raccontato come l’incontro con Cristo, nel volto di alcune persone, ci abbia donato un’ipotesi positiva e salda per poter guardare con gratuità e tenerezza il disagio e il dolore degli altri, senza tornaconti o senza farci sentire falliti per i nostri insuccessi educativi.
La gente ha ascoltato, partecipato. Non ha trovato slogan o incitamenti, quanto un luogo umano che accompagnasse ad affrontare i problemi, a poter guardare senza paura “l’ingovernabile” che i nostri ragazzi spesso rappresentano.
Ecco, così si pone un luogo umano in mezzo a una città. Volti che possono sembrare impossibili oggigiorno, eppure esistono. Limitati, incapaci, ribelli come tutti, ma con una tensione a riprendere la strada. La presenza di un popolo che fonda la sua unità su un grande scopo. Scrive Luigi Giussani, cui questo popolo guarda come riferimento: “Al di là del mare nostrum che possiamo possedere, governare e misurare, che cosa c’è? L’oceano del significato”. Ecco ciò che in un pomeriggio di primavera è stato testimoniato da decine di volontari.
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