Il volume di Manuel Cicchetti e Antonio G. Bortoluzzi “Dolomiti. Un paesaggio tutelato” integra alla perfezione fotografia e cultura dell’ambiente montano
Si dirà: c’era bisogno dell’ennesimo libro fotografico sulle Dolomiti? Ebbene sì, perché questo non è l’ennesimo, ma è unico e speciale. Dolomiti. Un paesaggio tutelato di Manuel Cicchetti (le 143 foto, con illuminanti didascalie a fine volume) e Antonio G. Bortoluzzi (il testo) edito con maestria da Marsilio Arte e il contributo di Regione Veneto. Fino al 31 agosto è anche protagonista di una mostra diffusa in vari siti topici di Cortina d’Ampezzo, dalla Libreria Sovilla fino al Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi.
“Il volume è un piano-sequenza lungo un anno – spiega Cicchetti che ha presentato il lavoro durante Montagna di Libri a Cortina – su tre basi: il paesaggio, l’architettura, la società che è poi la trama del racconto in una sorta di grande commedia all’italiana”.
Ecco dunque la poetica immagine di una solitaria cima delle Pale di San Martino e la stessa, a distanza di poche ore se non di pochi minuti, brulicante di una folla variopinta, il famigerato overtourism che anche quest’estate riempie le cronache. Molte foto sono stranianti, con la presenza umana e “tecnologica” (si fa per dire) che tinge d’assurdo luoghi incantati.

Invece, “in montagna è fondamentale il senso del limite – ci ricorda Bortoluzzi a Cortina – non si può fare ogni cosa in ogni posto!”. Bortoluzzi insiste poi sul concetto di “meraviglia, che non è solo stupore ma anche terrore di noi piccoli umani rispetto alla grandezza del pianeta e alle smisurate forze che lo plasmano. E le Dolomiti significano anche resistenza: la montagna crolla un po’ ogni giorno ma resiste”. Ma Cicchetti anche testimonia “ahimè una scarnificazione del territorio” per mano umana.
Come se non bastasse, è arrivato pure il ciclone Vaia, le cui ferite non sono certo rimarginate, amplificate anzi dalla successiva e conseguente azione distruttrice del coleottero bostrico. C’è bisogno di tutela, insomma, sempre, per questo patrimonio dell’umanità. Perché quello che scrisse Dino Buzzati delle Dolomiti bellunesi possa continuare ad essere vero: “Esistono da noi valli che non ho mai visto da nessuna altra parte. Identiche a paesaggi di certe vecchie stampe del romanticismo che a vederle si pensava: ma è tutto falso, posti come questo non esistono. Invece esistono: con la stessa solitudine, gli stessi inverosimili dirupi mezzo nascosti da alberi e cespugli pencolanti sull’abisso, e le cascate di acqua, e sul sentiero un viandante piuttosto misterioso”.
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