Viene presentato oggi all'Università di Bari il volume collettaneo "L'io, il mondo, la storia. Studi in onore di Costantino Esposito"
L’io, il mondo, la storia: una triangolazione concettuale che è sempre stata al centro della riflessione e del lungo percorso accademico di Costantino Esposito, tra i più autorevoli e originali interpreti italiani della storia della filosofia. Oggi, nell’aula magna del Palazzo Ateneo dell’Università di Bari, non si celebra un congedo, ma un nuovo inizio: Esposito giunge infatti al termine del suo servizio accademico ordinario, continuando però con la consueta intensità la sua attività di insegnamento e ricerca.
A testimoniarlo è la comunità di colleghi e allievi che si è raccolta attorno a lui nel volume appena pubblicato da Mimesis, dal titolo L’io, il mondo, la storia. Studi in onore di Costantino Esposito (a cura di Paolo Ponzio, Francesco Marrone, Giacomo Fronzi e del sottoscritto), per rendere visibile il cammino di pensiero che egli ha saputo aprire e condividere negli anni.
L’io, il mondo, la storia. Tre idee che non possono essere pensate separatamente, come se ciascuna costituisca il punto in cui si incontrano concretamente le altre due. Per Esposito, infatti, il pensiero ha sempre a che fare con un “io”, questo “strano” pronome che dice a un tempo un cosa e un chi, non un ente tra gli altri, ma – per dirla con Heidegger (uno degli autori “di” Esposito) – quell’ente “che noi stessi sempre siamo”.
Ma l’io, appunto, lungi dall’essere una capsula soggettivistica, rappresenta per Esposito lo spazio di un’accoglienza originaria dell’altro da sé: è il modo stesso in cui un mondo può darsi come mondo, in cui esso può aprirsi e provocare proprio “me”. Un mondo che non sta “fuori”, davanti a un osservatore neutrale, ma accade nell’io, lo investe, lo supera.
Se è così, il mondo non può mai essere immobile sfondo naturale o inesorabile scenario socioculturale: è qualcosa che ci tocca e ci trasforma, in una dimensione costitutivamente temporale, e a sua volta è trasformato dal nostro sguardo.
Il mondo, proprio perché cade all’unisono con l’io e accade nell’io, assume le sembianze di un evento; anzi, più propriamente, di una storia: con le sue evoluzioni e curvature, con le sue svolte e i suoi sentieri interrotti, con i suoi slanci e i suoi drammi, le sue continuità e le sue fratture. Storia dell’io e della sua domanda permanente sulla realtà con cui è già da sempre in rapporto; e dunque, nello stesso tempo, storia della filosofia, come trama di interrogazioni e risposte che quell’incontro non cessa di riaprire.
Come si può leggere nell’Introduzione dei curatori, gli studi contenuti nel volume non sono solo un “omaggio” ad Esposito, ma anzitutto una “prosecuzione e sviluppo del suo metodo”. Un metodo che, attraverso il lavoro rigoroso e spesso non facile della storiografia filosofica, vuole tentare anzitutto una “fenomenologia del senso”: un’attenzione a “come il significato si manifesta nelle diverse esperienze – dall’arte alla scienza, dalla vita quotidiana all’incontro con l’alterità – e al tempo stesso un’indagine sulle condizioni di possibilità di tale significatività”, nella consapevolezza della intrinseca storicità del pensare e nel riconoscimento che “ogni idea, anche la più filosofica e astratta, nasce da un contesto storico determinato” e da una peculiare esperienza dell’io stesso, sempre animato dal desiderio di capire che cosa c’è al mondo.
Nella misura in cui rispecchiano i molteplici interessi di ricerca di Esposito e la natura articolata del suo metodo storico-filosofico, i ventitré saggi contenuti nel volume toccano i temi più disparati, ma è certamente possibile individuare alcune direttrici principali che legano tra loro, spesso in maniera trasversale, i diversi contributi, a firma dei colleghi dell’Università di Bari e di alcuni allievi, nonché di alcuni studiosi internazionali con cui Esposito ha collaborato durante la sua carriera.
Anzitutto, una categoria storiografica: il “Barocco”, termine con cui Esposito ha inteso designare una particolare congiuntura della storia del pensiero, non solo nel senso meramente cronologico o stilistico ma soprattutto in quello storico-concettuale: il saggio di apertura a firma di Oscar Barroso, infatti, ricostruisce l’interpretazione di Francisco Suárez come filosofo barocco, che ha permesso di sottrarlo alle unilateralità proprie tanto di una certa lettura essenzialista (da Gilson in poi) quanto di una esistenzialista (nel contesto di certa neoscolastica), per coglierne il pensiero come una delle matrici della modernità.
Ma il ruolo decisivo di Suárez, su cui molto ha insistito Esposito, e l’idea di una “filosofia barocca” come campo di forze spesso in contrasto tra loro (teologia rivelata e filosofia naturale, legge divina e umana, rinnovamento rinascimentale e tradizione scolastica, cristianesimo cattolico e riformato, libero arbitrio e predestinazione, metafisica e teoria della conoscenza etc.), ritornano nei saggi di Mario S. de Carvalho sulla filosofia conimbricense del XVI secolo, in quello di Francesco Marrone sullo scotismo moderno di Rudolf Göckel; in quello di Tommaso Sgarro sul problema del libero arbitrio in Francisco de Vitoria; in quello di Ofer Gal sui “demoni barocchi” di Descartes, così come anche in quello di Miguel Lobos sull’Evento di Heidegger letto alla luce della stessa filosofia barocca.
Sviluppando una intuizione di Esposito, inoltre, Francesco Paolo de Ceglia mostra come le tensioni tipiche del barocco abbiano plasmato anche la razionalità scientifica moderna e i modi in cui si è declinata nelle diverse aree geografiche d’Europa.
Come si vede parzialmente già da questa prima rassegna, sono tre i nomi dei filosofi che più spesso riappaiono in questo volume, giacché si tratta di quegli autori a cui Esposito ha rivolto maggiormente la sua attenzione critico-ermeneutica: Suárez, Kant, Heidegger. Il rapporto tra Heidegger e Kant è ad esempio messo a tema da Marco Lamanna e Vincenzo Lomuscio, a partire dalle prime pubblicazioni di Esposito fino ai più recenti lavori sul nichilismo, sottolineando come l’inesauribile domanda metafisica della ragione umana trovi per Esposito un’adeguata “risposta” in una sua apertura strutturale all’infinito.
Ma, sempre sullo sfondo dell’interpretazione di Esposito, ad Heidegger sono dedicati anche i saggi di Paul Richard Blum, che ridiscute i famosi e controversi Quaderni neri alla luce della teologia negativa; di Annalisa Caputo, che riflette sulla natura e il sacro a partire dalla lettura heideggeriana di Hölderlin; di Ricardo Espinoza Lolas, che si sofferma sul Nietzsche; di Luca Maria Scarantino, che attraverso Heidegger problematizza il rapporto tra la φιλοσοφία greca e le “altre” filosofie, quelle non occidentali; e di Giusi Strummiello, che approfondisce il rapporto tra Heidegger e il pensiero di Anassimandro. Márcio Suzuki inoltre dedica un saggio all’idea di una “fisiologia trascendentale” in Kant.
Ma, ancora, è il problema del nichilismo “del nostro tempo” (a cui Esposito ha dedicato un fortunato libro nel 2021, tradotto in tutto il mondo) a tornare a più riprese nel corso di questo volume, e sotto un’angolatura peculiare: quella della nostra intelligenza, anche nella prospettiva dei recenti passi compiuti dalla ricerca sull’IA.
Che cosa significa essere intelligenti? Si può ancora parlare, dopo Hume e di fronte alle nuove scoperte delle neuroscienze, di una coscienza personale, della vera e propria esistenza di un io? E a che cosa è chiamata la nostra intelligenza? Sono domande più che mai urgenti, a cui Esposito ha richiamato in diverse occasioni.
Nel suo saggio, Marienza Benedetto torna sul significato che il pensiero medievale – in particolare in ambito ebraico – assegnava a quella importante specie di “intelligenze” rappresentate dagli angeli. Venendo al Novecento, invece, Paolo Ponzio si sofferma sul modo in cui Xavier Zubiri, importante interlocutore spagnolo di Heidegger, ha pensato l’intelligenza in senso “noergico”. Giambattista Formica riprende il complesso dibattito tra i filosofi della mente per riaffermare, con Esposito, che “il mistero della coscienza di cui parla la filosofia contemporanea della mente può essere inteso come la coscienza del mistero, che non manca mai di sorprenderci, come l’aspetto più interessante della natura della nostra mente”.
Carla Petrocelli ha ricostruito le influenze reciproche tra Turing e von Neumann nell’ideazione del computer digitale (e quindi nella fondazione di quel che sarebbe diventata l’intelligenza artificiale), mentre Maria Benedetta Saponaro ha analizzato i problemi etici derivanti dalla traduzione algoritmica dei nostri giudizi morali. Chi scrive si è interrogato sul nesso tra intelligenza (anche artificiale) e libertà, a partire da uno dei primi lavori di Esposito sullo Heidegger lettore delle Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana di Schelling.
Secondo Esposito il nichilismo ci mette di fronte alla scomodità e scabrosità della nostra inestinguibile domanda di senso, proprio in quel tempo in cui un senso sembra non poter darsi più. Esso, perciò, ci costringe a dover ripensare anche l’esperienza della bellezza e il suo nesso con la verità: un altro problema centrale nella riflessione di Esposito.
Ad esso si rivolge esplicitamente il contributo di Giacomo Fronzi, che mostra come per Esposito l’esperienza estetica si caratterizzi per la sua dimensione intrinsecamente conoscitiva: non qualcosa che dipenda interamente da un gusto arbitrario o dalla creazione soggettiva, ma uno sguardo vero sul modo in cui il mondo e il nostro io si incontrano in un evento. Non è infatti un caso che una delle più importanti voci dell’ambientalismo del Novecento, la scienziata Rachel Carson (cui è dedicato il saggio di Rossella de Ceglie), ritenesse che la cura per il mondo naturale nasca dall’attenzione e dalla meraviglia per la sua bellezza.
Questo volume mostra che, nel lavoro a cui Costantino Esposito ci invita, il nostro tempo può essere vissuto come la condizione in cui il pensiero può verificare la tenuta delle proprie domande. Non si tratta perciò di aggiungere necessariamente nuove risposte, escogitare soluzioni o attingere alla tradizione come a un deposito di dottrine, ma di mettere alla prova le stesse categorie della filosofia e le esperienze da cui sono nate.
Prendendo il caso di studio del tomismo, infatti, Pasquale Porro nel suo contributo fa vedere come qualsiasi tradizione sia soggetta a processi di auto-costituzione e revisione, e questo, lungi dal rappresentarne un limite, ne rappresenta la potenziale fecondità.
È su questo terreno che opera il pensiero di Esposito, e il volume rappresenta il tentativo di documentarne il vivo gesto filosofico: non solo nel maneggiare fonti e idee, ma nella capacità della loro rimessa in questione, nella discussione con i colleghi e nella pratica continua del confronto con studentesse e studenti. Un gesto, insomma, in cui l’io che si lascia toccare dal mondo permetta l’accadere significativo di una storia.
“L’io, il mondo, la storia. Studi in onore di Costantino Esposito” (Mimesis, 2025) sarà presentato oggi alle ore 16 nell’aula magna dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Partecipano Paolo Ponzio e Giusi Strummiello (Università di Bari), Clementina Cantillo (Università di Salerno e Presidente nazionale della Società Filosofica Italiana) e Carlo Altini (Università di Modena e Reggio Emilia).
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