Sentenza della Corte Costituzionale "apre" ancora alle coppie omogenitoriali: la madre intenzionale ha diritto al congedo per il padre. Tra legge e morale..
LA NUOVA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE CHE “APRE” ALLE MAMME LGBTQ
Il tema delle trascrizioni dei figli di coppie omogenitoriali resta sullo sfondo ormai da anni, con lo scontro tra Tribunali, Governo e associazioni LGBTQ, ma con l’ultima sentenza della Corte Costituzionale un “passo” verso le “famiglie arcobaleno” è stato fatto in maniera molto decisa (e per alcuni controversa). Secondo la sentenza n.115 dell’anno 2025, i giudici della Consulta stabiliscono che è legittimo per la madre “intenzionale” richiedere e ricevere il congedo di paternità obbligatorio.
Per i non addetti ai lavori, la madre “intenzionale” è colei unita in un rapporto affettivo con la madre “biologica” del figlio, partecipando in maniera attiva al progetto genitoriale tra due donne: la sentenza della Corte Costituzionale ha di fatto dichiarato incostituzionale l’articolo 27-bis del Decreto datato 2001 che riservava quel diritto al congedo di paternità solo per il padre biologico del figlio. Negli scorsi mesi il caso era stato sollevato dalla Corte di Brescia che evidenziava – a loro dire – un carattere discriminatorio a tale norma.

È dunque irragionevole, scrive il giudice Amoroso con la redattrice San Giorgio, la presunta «disparità di trattamento» dato alle coppie omogenitoriali (che sono genitori di figli tramite procreazione assistita all’estero, ndr) rispetto alle famiglie di sesso diverso. Dal momento che tali famiglie “arcobaleno” hanno assunto il progetto di genitorialità, secondo la Corte, meritano di avere la medesima titolarità giuridica, così come tutti i minori meritano di avere i genitori con eguali diritti giuridici.
COSA DICONO I GIUDICI DELLA CONSULTA E COSA POTREBBE SUCCEDERE D’ORA IN POI (IN ATTESA DELL’INTERVENTO DELLA POLITICA)
In termini pratici, dopo la sentenza anticipata dal comunicato della Consulta, in tutte le coppie di donne omogenitoriali registrate come madri presso lo Stato civile, la madre considerata “seconda” potrà beneficiare dei 10 giorni retribuiti (al 100%) per legge a tutti i neogenitori. Rileggendo ancora la sentenza, emerge un passaggio chiave che “apre” a sviluppi futuri in merito al tema complesso e controverso delle famiglie omogenitoriali (che sono tali tramite una procreazione assistita svolta all’estero): i giudici della Consulta scrivono infatti che l’orientamento sessuale non deve e non può incidere sull’essere idonei alle responsabilità da genitori.
Con questa sentenza della Corte di fatto lo Stato dovrà ora garantire pieno trattamento economico ai genitori riconosciuti come tali, anche quelle “intenzionali” come la donna compagna della madre biologica (che ha deciso di sottoscrivere l’impegno come genitore “2”): secondo il Tribunale di Brescia, con l’accordo della Corte Costituzionale, la “seconda madre” ha lo stesso diritto del padre biologico di ricevere il congedo di paternità (pur se il termine linguistico è esplicitamente dedicato al padre naturale del bambino).
A rendere ancora più “anomala” la sentenza della Consulta è la parte finale dove viene messa in evidenza la necessità di dedicare un tempo adeguato alla cura del minore, sia all’interno delle famiglie eterosessuali sia su quelle omogenitoriali (LGBTQ): si chiede una migliore organizzazione delle esigenze familiari, per valorizzare appieno l’aspetto della genitoriale, qualsiasi coppia di genere sia. Un elemento invece piuttosto controverso è quando nella sentenza viene sottolineato un elemento molto poco “giuridico” e più affettivo-morale: è possibile identificare, scrive ancora il comunicato, nelle coppie di mamme lesbiche, «una figura equiparabile alla figura del padre in quelle eterosessuali», in quanto in entrambe – giudica la Consulta – si condivide la «cura per il nuovo nato».
