Dopo il varo della Nota di aggiornamento del Def, il Governo si prepara a mettere a punto la Legge di bilancio e un decreto fiscale che sarà a quanto pare piuttosto corposo. La manovra di circa 30 miliardi di euro, destinata principalmente a evitare l’aumento dell’Iva, infatti, è per meta finanziata dalla “flessibilità europea” (che consentirà di portare il deficit al 2,2% del Pil) e per ben 7 miliardi da un maggior gettito derivante dalla lotta all’evasione fiscale, tema su cui il Premier Conte ha battuto molto nell’ultimo periodo. Il taglio del cuneo fiscale partirà invece solo dalla seconda metà del 2020. «Alla fine si farà più deficit per disinnescare l’aumento dell’Iva. Non mi sembra una manovra innovativa o che non potesse essere fatta anche da chi non è un super esperto. Anche perché si parla di presunti ricavi dal contrasto all’evasione fiscale per una cifra non indifferente e ci sono degli aumenti fiscali occulti», dice Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Perché parla di aumenti fiscali occulti?
Prima di tutto perché si riducono le sovvenzioni agli enti locali e questo comporterà prevalentemente non una diminuzione della loro spesa, ma un aumento delle entrate mediante maggiori imposte locali. Poi ci sono tagli alle detrazioni fiscali. Senza dimenticare che non ci sarà l’estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100.000 euro che era invece stato previsto dal precedente Governo.
Questa Nadef quindi non le piace…
Mi sembra che si aumenti il peso del debito senza fare investimenti, preferendo l’assistenzialismo. Gli ultimi dati Istat ci dicono che l’occupazione giovanile non cresce e penso sia colpa anche del reddito di cittadinanza, che scoraggia la ricerca attiva di un lavoro. A me sembra che questo permessivismo sia la continuazione politica della linea di Padoan-Letta, Renzi e Di Maio-Salvini. La stessa Lega è convinta che sforando il tetto del 3% arriverebbe automaticamente la crescita, ma non è così. Naturalmente non bisogna arrivare nemmeno all’eccesso opposto, visto che è stato con Monti che il debito/Pil ha cominciato a salire di molto. Il vero problema dell’Italia è che le risorse non vengono spese per gli investimenti.
Il deficit/Pil per il 2020 è stato indicato al 2,2%, anche grazie a 14 miliardi di flessibilità europea, quando l’anno scorso al Governo non è stato possibile andare oltre il 2,04%. Come se lo spiega?
Siamo di fronte al fatto che l’Unione europea da un lato ha bisogno di sostenere, almeno provvisoriamente, questo Governo per cercare di “disinnescare” Salvini, dall’altro, visto che Draghi chiede ai Governi di spendere di più, ma che la Germania non intende intaccare più di tanto il suo surplus, si lascia fare all’Italia, seppur in scala ridotta, quello che dovrebbe fare Berlino. Con una differenza.
Quale?
Se fossero i tedeschi ad aumentare il deficit, il beneficio andrebbe a tutta l’Ue. La nostra piccola espansione tornerà invece utile alla Germania, ma sarà a carico nostro. C’è quindi non soltanto una scelta politica europea contro la Lega, ma anche una economica. Non bisogna poi dimenticare che l’esperienza della Grecia ha insegnato che a essere troppo severi si compromette il debitore, che quindi non può più ripagare il dovuto. Così invece lo si tiene a bada.
Al Governo convivono ormai quattro partiti (M5s, Pd, Leu e Italia Viva). Secondo lei ha prevalso la linea di uno o si è invece trovata una convergenza?
Ha prevalso la linea convergente secondo cui fare debiti di parte corrente è una buona filosofia economica. Mi sembra che i partiti di maggioranza abbiano qualcosa in comune, cioè vivere facendo deficit. Mi pare anche che il Pd, pur di poter restare al potere, paghi gli àscari, cioè i 5 Stelle. Quindi, anche se apparentemente sembra essere la linea pentastellata quella che prevale, in realtà il beneficio è per gli altri, che possono gestire il potere avendo il 20% dei voti.
(Lorenzo Torrisi)