Mara Favro, continua il giallo della donna scomparsa lo scorso anno e i cui resti sono stati trovati poche settimane fa: attesa per esito autopsia

Mara Favro e il giallo della sua morte al centro della nuova puntata di Chi l’ha visto?, in onda oggi dalle 21:20 su Rai 3. Federica Sciarelli e i suoi inviati tornano nei luoghi della scomparsa della 50enne e del ritrovamento delle sue ossa, in Val di Susa, dove il giallo della sua sorte si è risolto con il drammatico epilogo registrato poche settimane fa durante una nuova battuta di ricerche.



Mentre l’inchiesta per omicidio e occultamento di cadavere prosegue nel massimo riserbo – indagati l’ex datore di lavoro e l’ex collega della donna, Luca Milione e Cosimo Esposito – resta aperto l’interrogativo su com’è stata uccisa. Sarà l’autopsia eseguita nei giorni scorsi a provare a dare una risposta. Nel frattempo, da una prima analisi dei resti sembrerebbe che Mara Favro sia stata vittima di una morte violenta, forse attinta da decine di coltellate.



Mara Favro, segni di morte violenta sui resti trovati a Gravere

Al centro dell’indagine sul caso di Mara Favro ci sono anche gli strani messaggi inviati dal suo telefono poco prima della sparizione, avvenuta la notte tra il 7 e l’8 marzo 2024 dopo un turno in pizzeria a Chiomonte. Contenuti che, secondo la sua famiglia, potrebbero essere frutto di un’altra mano e quindi non scritti da lei. Qualcuno ha usato il suo cellulare prima o dopo la sua morte? La domanda resta sul tavolo degli inquirenti in attesa che tutti gli accertamenti siano conclusi.

Un responso preliminare dall’esame autoptico sui resti di Mara Favro parlerebbe di “segni di morte violenta”: la donna, stando alla dinamica finora ipotizzata, potrebbe essere stata colpita con decine di coltellate alla schiena nel tentativo di fuggire dal suo assassino. Occorrerà attendere 60 giorni, però, prima che la relazione definitiva del medico legale venga depositata. Secondo la Procura di Torino, le ultime persone ad aver visto Mara Favro viva sarebbero proprio Milione ed Esposito, all’epoca dei fatti datore di lavoro e collega della donna. Entrambi respingono l’accusa di un coinvolgimento nella vicenda.