La morte di Afridza Munandar ha ricordato a tutti la tragedia di Marco Simoncelli. Sono passati otto anni ma il dolore non svanisce, e lo dimostra il ricordo di pochi giorni fa. Il 23 ottobre 2011 infatti il pilota della Honda perse la vita in un incidente drammatico sulla pista di Sepang. In Italia era mattino presto quando i tifosi rimasero impietriti nell’assistere all’incidente. Il Sic se ne andò così, nello splendore dei suoi 24 anni, per una caduta in gara come tante, ma che ebbe un tragico epilogo. Fu colpito al capo mentre cercava di controllare la sua Honda, finita pericolosamente di traverso mentre sopraggiungevano le altre moto. Nei giorni scorsi sul profilo Instagram della Squadra Corse Sic58, fondata nel 2013 come «un modo per ricominciare a vivere di nuovo», è comparso un messaggio per Marco Simoncelli. «Sei vivo dentro di noi, nei nostri ricordi, nelle nostre teste e nei nostri cuori. Sei in tutto quello che facciamo, la nostra benzina, la nostra motivazione. Sei con noi ogni volta che facciamo un podio o una pole e l’hai dimostrato a Jerez, a Misano, a Motegi. Non sono coincidenze, sei TU. Sempre con noi, sempre nel cuore».
MARCO SIMONCELLI, 8 ANNI DOPO L’INCIDENTE DI SEPANG
Subito dopo la morte di Marco Simoncelli il motociclismo finì sotto accusa. Ci fu anche qualcuno che evocò l’interruzione dei GP. L’emotività spinse a chiedere soluzioni definitive, ma il giovane pilota morì a Sepang solo per una tragica fatalità. Non ci furono infatti responsabilità, che furono cercate alla moviola. Inoltre, sul piano della sicurezza si è lavorato molto, infatti è prevalsa la convinzione che l’elettronica possa aiutare i piloti a gestire trazione, potenza e motore. Quei problemi di decenni fa – grippaggio motori, blocco cambio o freni – sono stati risolti. Sono però spuntate altre insidie, legate alla potenza dei nuovi motori e alle nuove gomme. L’evoluzione delle moto è stata incredibile e i piloti si sono dovuti adeguare. Ma nel motociclismo il rischio fa parte della competizione. Enzo Ferrari ad esempio un giorno disse: «O si smette di piangere o si smette di correre».