I Superni, le creature aliene di cui parla lo psichiatra, scrittore e studioso americano Oliver Sacks nel suo libro Musicofilia citando a sua volta lo scrittore Arthur C. Clarke, un brano del quale è stato usato come traccia del tema di maturità di quest’anno (complimenti Miur), “non riescono a concepire che cosa accada negli esseri umani quando fanno o ascoltano musica, perché in loro non accade proprio nulla: in quanto specie, sono creature senza musica”. Sono di fatto degli “amusici”, persone che si trovano anche in mezzo a noi, affette da un disturbo neurologico che è l’incapacità biologica di comprendere, eseguire ed apprezzare la musica. L’amusia è una patologia dovuta a motivi di origine cerebrale o degli organi uditivi (amusia cocleare), congeniti (presenti alla nascita) o acquisiti più tardi per danni cerebrali, ad esempio. Ne è affetto circa il 4% della popolazione. Che Guevara era un amusico, non sapeva distinguere tra di loro nessun genere musicale, tanto da ballare, come riporta Sacks, in un’occasione speciale, senza scherzare, un mambo mentre l’orchestra suonava un tango.
Una cosa terribile, ma ancor più terribile è ascoltare musica mentre si fa la doccia, si legge, si chiacchiera tra amici. La cosiddetta musica di sottofondo, la musica da ascensore o da sala da aspetto del dentista. Chi lo fa, lo fa per disprezzo per la musica stessa e della vita, anzi per ignoranza. Non sanno cosa si perdono, ma non sono mai stati educati a farlo. Come i Superni che non riescono a capire il valore e il significato di essa, queste persone (e sono tante) considerano la musica qualcosa di banale, superficiale. Peggio, qualcosa che annoia o infastidisce.
La musica è invece la più grande espressione del cuore dell’uomo. A differenza delle altre forme d’arte, essa non si impone. Non è un quadro o una scultura, che devi fermarti a osservare. Non è una poesia o un libro a cui devi dedicare tutto il tuo impegno mentale. La musica ci accoglie e ci eleva. Ci libera e ci conforta, ci consola. Porta l’anima a distaccarsi dal corpo fisico, stacca il nostro cervello da ogni contingenza che ci circonda e ci porta in un “oltre”, un “altrove”. E’ un ascensore verso il Paradiso.
Gli antichi, Pitagora per primo, avevano pensato a un concetto definito musica universale, o delle sfere, pensando all’universo come un enorme sistema di proporzioni numeriche. I movimenti dei corpi celesti (Sole, Luna e pianeti), ritenuti collocati su sfere ruotanti, avrebbero prodotto una sorta di musica, udibile solo dall’orecchio dei veggenti. I veggenti sono coloro che hanno una predisposizione d’animo fatta di tenerezza, di apertura all’Infinito, di dolcezza, di empatia: è un dono, ma anche una ferita che si porta con devastante fatica in un mondo ormai sempre più cinico e abbruttito. I pianeti, diceva Pitagora, si muovevano ognuno con un movimento particolare che sprigionava un suono preciso. Era però un principio metafisico secondo il quale le relazioni matematiche esprimevano non solo rapporti quantitativi, ma anche qualità che si manifestano in numeri, forme e suoni, tutto connesso in un enorme modello di proporzioni. Il cristianesimo approfondì l’argomento: Agostino d’Ippona, nel De Musica e nelle Confessioni, vedeva nei suoni il riflesso di un’armonia primordiale dell’anima. In sostanza, il ricordo di Dio architetto e musicista supremo del creato.
Anche Dante Alighieri aveva ben chiaro l’idea di musica delle sfere soprattutto nel momento in cui ascende sempre di più verso Dio. Un percorso che viene accompagnato attraverso la musica definita come “armonia delle stellate rote” o delle “rote magne”, ossia delle sfere celesti che circolando creano delle soavi armonie esprimibili per mezzo dei suoni.
La musica in ogni sua forma e in ogni suo aspetto dalla classica al jazz al rock, è espressione di una nostalgia infinita. Chi la percepisce, è “un veggente”. Non c’è espressione artistica che sappia esprimere l’immensa tristezza e la nostalgia che ci avvolgono e fanno parte del nostro essere. Le note accendono in noi un ricordo ancestrale, inconscio, ma che persiste dentro ogni generazione che si succede, inserito nel Dna di ogni essere umano. La musica risveglia quel ricordo, il ricordo della creazione del mondo, la nostalgia immane per il ritorno a casa, dove tutto è cominciato, quando la musica si sprigionò per la prima volta e il cui eco è rimbalzato dall’epoca dei primi esseri umani fino a oggi e sempre persisterà. Una volta Antonello Venditti ha detto: “C’è una malinconia che sempre mi accompagna. Un dolore presente. Non sono mai soddisfatto di nulla”. Solo la musica ci viene incontro per colmare, parzialmente, quel buco.
Siamo contenuti nella musica e definiti dalla musica. E’ il sentimento più grande che possa scaturire dal nostro cuore. Quasi mille anni dopo Dante, un gruppo folk rock canadese, i Great Lake Swimmers, ha percepito come lui l’antica musica delle sfere, come dicono in un loro brano: “Sono ancora intonato a uno strumento di più grande e sconosciuto disegno, sto ancora cercando una direzione, un qualche tipo di segno, mi intono ancora alla grande chiave, ancora, ancora”. In definitiva, “Cara musica, grazie per essermi stata vicina quando nessun altro lo era”.
Il cantante rock Jack White, fondatore dei White Stripe, ha detto a proposito della musica: “Se hai una forte passione per la musica e ami la musica, dillo alla gente. Dì alla gente che la musica è sacra. La musica non è usa e getta e senza valore, non dovrebbe essere trattata in quel modo”.
Oggi, che la gran parte della musica commerciale che passa da radio e televisioni è solo rumore noioso, c’è un bisogno immenso di riaccendere quella sintonia musicale con l’universo. Se il tema della maturità è servito anche a un solo studente per riaccendere questa sintonia, o porsi delle domande, è stata una grande vittoria.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.