La Mostra È Cristo che vive in te. Dostoevskij. L’immagine del mondo e dell’uomo: l’icona e il quadro, che verrà presentata al Meeting di Rimini del 2012, è stata ideata e curata da Tat’jana Kasatkina, direttore del Dipartimento di teoria della letteratura dell’Accademia delle Scienze di Mosca, e realizzata in collaborazione con una settantina di docenti e studenti di varie università, italiane e russe. A due di loro, in rappresentanza del gruppo italiano, è stato chiesto di illustrare – sinteticamente – i contenuti della Mostra e la sfida culturale presupposta.
Come ci è stato ribadito da Tat’jana Kasatkina, in occasione dell’ultimo incontro di preparazione, quella che portiamo al Meeting “non è una mostra su Dostoevskij, nè sulla storia dell’arte: è una mostra che parla di un’idea”. Il seme è stato gettato il 23 febbraio 2009, all’Università Cattolica di Milano, quando, per la prima volta, sono stati fissati da Tat’jana i due punti fondamentali, intorno a cui la riflessione si è poi sviluppata.
1) La convinzione fondamentale di Dostoevskij è che nell’uomo l’immagine di Dio è assolutamente indistruttibile, e ciò corrisponde al contenuto essenziale della nostra speranza, perché “in qualsiasi momento, anche nell’ultimo istante, qualsiasi uomo può far tornare alla luce quella profonda tenerezza, quella delicatezza umana che è stata posta in lui da Dio stesso”.
2) Nel profondo di ogni evento ‘attuale’ Dostoevskij vede riemergere la dinamica universale della storia evangelica, che non semplicemente si ripete, ma, ri-accadendo, si rinnova ogni volta in maniera irriducibilmente diversa. Il sussulto, nell’udire queste parole, è stato grande, poiché appena pochi mesi prima, l’8 ottobre 2008, don Julián Carrón, intervenendo al Sinodo dei Vescovi, aveva insistito sul concetto di rivelazione come avvenimento di Dio nella storia, osservando: “Questo avvenimento non appartiene soltanto al passato, a un momento del tempo e dello spazio, ma rimane presente nella storia, comunicandosi” in forme riconoscibili alla luce della grammatica evangelica.
Da un desiderio di verifica, approfondimento e condivisione di questa sorprendente convergenza, è nata la Mostra che, dopo tre anni di lavoro, viene presentata al Meeting: quale frutto di un tirocinio di educazione che ha coinvolto il curatore, i docenti del comitato scientifico e gli studenti che hanno collaborato, con l’obiettivo di individuare i tratti assolutamente irriducibili dello sguardo cristiano sulla storia e sulla realtà, così come viene documentato nell’opera di Dostoevskij. Il primo intervento di Tat’jana al Meeting risale al 2009, quando tenne a Rimini la lezione La sorpresa del quotidiano. Il cammino della conoscenza “russo”. Nei mesi seguenti, dialogando con lei, tra Milano, Roma e Mosca, il cuore incandescente di tale intuizione è stato progressivamente messo a fuoco, e inevitabile, da parte sua (e nostra), è stato interrogarsi sulla possibilità di ‘mostrare’ – ossia, far vedere a tutti – quale fosse la posta in gioco.
Così studenti e docenti universitari – in Italia e in Russia – si sono messi al lavoro, per cercare di capire meglio, grazie alla guida di Tat’jana, come fossero costruiti i romanzi di Dostoevskij. Al crocevia tra Oriente e Occidente, tra la tradizione bizantina (ortodossa) e la cultura medioevale e rinascimentale (profondamente ammirata), Dostoevskij, infatti, scrive per ‘immagini’, e ogni suo quadro narrativo contiene in sé celata – come propria matrice originaria, come causa profonda e segreta verità – una scena biblica, dell’Antico o Nuovo Testamento, che (misteriosamente) si declina nel presente, in base a una tecnica narrativa che l’autore russo desume dalla tradizione figurativa occidentale. Il percorso di ricerca degli studenti italiani, finalizzato alla verifica di simile ipotesi, è stato operativamente impostato ad Arona, nel corso di un seminario di tre giorni, svoltosi nel giugno 2011.
Il cammino non è stato facile, e ha richiesto, passo dopo passo, fiducia, pazienza e umiltà, eppure il fascino dell’indagine ha costituito uno sprone irriducibile. Decisivo è stato quindi l’incontro di Firenze, dal 12 al 15 gennaio 2012, quando il gruppo italiano e il gruppo russo (in totale, una sessantina di persone) si sono confrontati per la prima volta: e sono emersi, anche in maniera violenta, oltre che i risultati raggiunti, i dubbi, le perplessità e le difficoltà che il lavoro aveva portato con sè. Affrontandoli, abbiamo scoperto qualcosa di scandaloso. La mostra non pretendeva di cambiare semplicemente la nostra idea su Dostoevskij, e neppure di scoprire nuove fonti dei suoi romanzi; pretendeva – e pretende – di cambiare la nostra mentalità, il nostro giudizio sulla presenza di Cristo in mezzo a noi, fino alla fine del mondo.
Ciò che vorremmo comunicare, di questa complessa avventura, è che la lettura e lo studio di Dostoevskij, come ogni autentico fatto di cultura, non sono un optional riservato a pochi eletti, ma una dimensione indispensabile dell’esperienza, che consente di imparare a guardare davvero, con attenzione, fino a cogliere il senso di quanto di circonda. Per chi ha iniziato a fare i conti con questa sfida, portare la mostra al Meeting non è che il prossimo passo di un lavoro niente affatto concluso. Di un lavoro, letteralmente, interminabile.
(Caterina Corbella e Uberto Motta)