Merz ha scritto a von der Leyen chiedendo di fermare lo stop ai motori endotermici dal 2035. La lettera sancisce il fallimento dell'auto elettrica

Due notizie da Berlino e dintorni. La prima è che la Volkswagen – da tempo in crisi, ma che comunque anche quest’anno chiuderà con un modesto utile – investirà in uno stabilimento per la produzione di vetture elettriche ben 2,5 miliardi di euro. Rilancio teutonico? Mica tanto, visto che il previsto nuovo stabilimento sarà realizzato in Cina, mentre in Germania sono previsti circa 35mila licenziamenti con richiesta – ovviamente – di conseguenti contributi ed ammortizzatori sociali.



La seconda è una lettera accorata (meglio sarebbe scrivere “disperata”) che il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha inviato a Bruxelles, esortando la Commissione europea a ripensare al divieto posto alla costruzione di auto nuove a benzina o diesel a partire dal 2035 sostenendo che le case automobilistiche hanno bisogno di più tempo per “riconvertirsi”, ovvero sono alla canna del gas (nel senso letterale del termine).



Il cancelliere ricorda la concorrenza cinese nel settore auto elettriche (tacendo forse per pudore che la prima ad investire da quelle parti è appunto proprio la Volkswagen) ma in buona sostanza sottolineando che le politiche climatiche della UE “mettono a repentaglio l’innovazione e la creazione di valore industriale” ovvero sono in buona sostanza controproducenti.

L’iniziativa del leader tedesco è vista con favore a Roma che non solo moralmente la sottoscrive, ma che ha sempre chiesto la neutralità tecnologica e sottolineato come una politica di maggiore apertura dovrebbe essere messa in atto anche verso i biocarburanti.



Questa possibilità è invece osteggiata a Bruxelles mentre queste nuove formule di carburanti a base vegetale potrebbero essere utili per ridurre le emissioni e dare un futuro anche a motori termici “puliti”, non dimenticando che ad oggi il mercato dell’auto elettrica – nonostante un’impressionante catena di aiuti, tutti a carico del pubblico – rappresenta solo circa il 15% del totale dei veicoli immatricolati in Europa e continua quindi ad essere un sostanziale flop.

Il biocarburante (di cui l’Italia è leader produttivo) stenta a decollare anche perché non si ha il coraggio di proporre prezzi competitivi al diesel tradizionale.

Quando l’anno scorso le stazioni Agip lo hanno proposto con uno sconto di 5 centesimi rispetto al diesel normale le vendite si sono impennate, ma poi – tolto l’incentivo – l’interesse si è ridotto e si è tornati al “famigerato” diesel tradizionale, sempre più caro per l’aumentare delle accise.

(Ansa)

In Europa siamo intanto davvero ad uno stallo istituzionale e dove la demagogia sembra prevalere giungendo al ridicolo.

Si va in Cina perché là costruire auto elettriche costa meno – che l’energia elettrica cinese per produrre le auto sia prodotta in buona parte con centrali a carbone e la lavorazione delle terre rare di cui i cinesi hanno il monopolio sia super inquinante è un dettaglio dimenticato, come i diritti dei lavoratori cinesi –, poi le auto elettriche cinesi si importano in Europa per inquinare di meno e infine – visto che in pochi le vogliono comunque comprare – UE e governi si svenano con contributi a fondo perso pur di venderle a qualcuno.

Ma nessuno che obietti come il vantaggio in termini di CO2 mondiale sia così assolutamente in negativo? Forse che l’aria del pianeta non è comunque di tutti? A cosa serve allora tanta demagogia europea se negli altri Paesi il problema è ben poco considerato, come è stato confermato dal fallimento dell’ennesima conferenza su clima COP 30 a Belém, in Brasile, finita nel nulla al di là dei soliti buoni propositi?

Visto che ora è stato Merz a riproporre il problema, c’è da augurarsi che Roma non taccia, ma anzi promuova una stretta sinergia con la Germania forzando la von der Leyen a prendere atto di una situazione paradossale che si sta rendendo progressivamente insostenibile.

L’unica cosa chiara è infatti l’evidente ricatto “green” degli oltranzisti che tengono in mano le sorti della Commissione, con l’aggravante che un settore produttivo come l’automobile – che era una forza trainante dell’industria europea – nel frattempo si è perso e saremo sempre più Cina-dipendenti, perdendo lavoro, competitività e in definitiva ricchezza prodotta.

Credo che il buon senso, prima ancora della politica, dovrebbe intervenire. Cosa deciderà di fare Bruxelles lo sapremo presto, visto che il 10 dicembre la Commissione dovrà comunicare gli obiettivi per le emissioni di CO2 dei prossimi anni.

(marco.zacchera@libero.it)

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