“Mi sarebbe piaciuto obbligare gli italiani ad uscire dallo stato di ignavia e impotenza che non permette loro nemmeno di conservare il patrimonio culturale e artistico.” Così Indro Montanelli nel 1971 lanciava un appello sul Corriere della Sera per salvare il Poldi Pezzoli, la casa-museo più importante di Milano. L’esposizione inaugurata il 12 novembre, che si protrarrà fino al 13 febbraio, Gian Giacomo Poldi Pezzoli. L’uomo e il collezionista del Risorgimento mostra non solo che l’appello di Montanelli fu efficace, ma che a distanza di quarant’anni ciò che la casa-museo di Gian Giacomo Poldi Pezzoli è un elemento sempre più significativo nel contesto della conservazione del patrimonio culturale e artistico risorgimentale, sia milanese che nazionale.
L’esposizione si pone l’obiettivo di raccontare le vicende dell’Indipendenza e dell’Unità d’Italia, attraverso gli occhi, le esperienze e la collezione di opere d’arte di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, protagonista d’eccezione. “Il museo è frutto del risorgimento e di quell’anelito di libertà che lo ha alimentato. La mostra non è solo storia, ma cultura della memoria collettiva.” Ci tiene a precisare Mario Cera, presidente del Poldi Pezzoli. Le trenta opere esposte infatti, fanno luce sulla cultura artistica italiana nel decennio che precedette l’Unita, mostrando come già all’epoca le arti avevano eletto il Medioevo e L’Italia trecentesca a metafora dell’Italia unita. La forte passione per questo ideale di Gian Giacomo ha permesso che oggi si potesse godere di un luogo in cui la memoria dei fatti risalenti a 150 fa potesse rivivere, sentimento che lo portò a partecipare attivamente alle lotte risorgimentali e in seguito a donare la sua casa-museo a uso e beneficio di tutti nel 1881.
La mostra, che si estende a più luoghi dell’abitazione, comprendendo la Sala d’Armi e lo Studio Dantesco, si articola in tre significative sezioni. La prima è un focus sul personaggio di Gian Gaicomo Poldi Pezzoli, sulla sua biografia, sulla passione per il collezionismo e sull’attività politica. Grande supporto a comprendere il personaggio lo danno i documenti d’archivio, tra cui il Libro dei Conti autografo appena ritrovato, ma soprattutto il coinvolgente Ritratto di Gian Giacomo Poldi Pezzoli eseguito da Francesco Hayez. La seconda sezione invece, indaga la moda del collezionismo d’armi, anche nella sua espressione nel romanzo storico e nel melodramma. Il fascino delle armature è certo ben visibile nell’armeria del palazzo, riempita dal collezionista con passione. Ma quello che colpisce delle opere artistiche esposte in questa parte dell’esposizione sono la precisione e l’ampiezza delle armerie ritratte da Alessandro Sanquirico e Carlo Bossoli. La terza sezione invece è tutta dedicata al mito di Dante a Milano. L’ammirazione di Gian Giacomo per questo genio fiorentino è già evidente nella dedicazione del suo studio al poeta, ma ciò che rappresenta l’ultima parte della mostra è come nel personaggio dantesco, la Milano rinascimentale ritrovasse in lui il modello della passione per l’italianità.
Ecco che nascono una miriade di rappresentazioni della vita di Dante e della sua Commedia, di cui qui spicca L’incontro di Dante e frate Ilario di Giuseppe Bertini, che vinse il Gran Premio di Pittura nel 1845, una raffigurazione di Dante in esilio che consegna parte del suo capolavoro al buon frate perché lo conservasse.
I 150 anni dell’Unità d’Italia hanno offerto alla fondazione Poldi Pezzoli di riflettere su questo personaggio, e di riconoscerne l’importanza quale modello di impegno civile nel contesto dell’unificazione del paese. La mostra però non è solo un simbolo dell’impegno che un cittadino poteva avere nei confronti della sua patria. Nelle sale del palazzo si è accolti nella casa di Gian Giacomo, e da lui si è accompagnati a vedere quelle opere che la sua personale sensibilità alla bellezza ha raccolto insieme. Oggi il Poldi Pezzoli è un vero tesoro, ed una delle più belle manifestazioni della passione per la bellezza unita all’amore per la conoscenza: è per i posteri che questo grande personaggio milanese raccolse tutte queste opere, come testimonia l’apertura della casa museo al pubblico a soli due anni dalla sua scomparsa.
(Caterina Gatti)