Lo scandalo milanese che ha coinvolto gli inquilini più o meno eccellenti degli immobili del Pio Albergo Trivulzio ha suscitato parecchio clamore. La lista dei nomi e dei relativi canoni da settimane è di pubblico dominio e ha imposto alcuni chiarimenti pubblici. «Cosa resta però di tutta questa vicenda al di là della ricerca morbosa dei vip e dei personaggi politici? – si chiede il Presidente di Ge. Fi. Antonio Intiglietta -. Il moralismo, lo scandalismo e la ricerca bramosa del capro espiatorio rischiano ancora una volta di lasciarci alla superficie delle cose, senza trovare risposte convincenti ai problemi che si sono imposti».
Ma che idea si è fatto di tutto ciò che è emerso?
Milano ha un patrimonio considerevole di beni che sono stati donati negli anni agli enti e agli istituti in funzione del loro scopo originale. Nel caso del Pio Albergo Trivulzio, in particolare, il sostegno alla cura degli ammalati e degli anziani, con particolare riguardo a chi non è autosufficiente.
La prima domanda da porsi, a mio parere, è questa: le istituzioni hanno la capacità e le competenze per governare al meglio questa ricchezza? Dopodiché è giusto accertare le eventuali “linee preferenziali”, anche se è corretto sottolineare che chi ha preso possesso delle case in questione ha partecipato a bandi pubblici. Non rispondere però a questa domanda fondamentale è, a mio avviso, la prima vera forma di immoralità.
Cosa intende dire?
Spetta alle strutture pubbliche riconoscere questo problema di fondo, capire se uno è adeguato o meno a rispondere a ciò che gli viene affidato. Occorre, in altre parole, voler bene allo scopo ultimo delle cose più che al proprio potere. Non fare questo passo significa alimentare un’immagine della pubblica amministrazione come luogo dell’inefficienza e della politica come strumento dei potenti. È su questo punto che ciascuno, organizzazioni sindacali comprese, dovrebbe fare il proprio esame di coscienza. Dalle responsabilità emerse, infatti, nessuno sembra davvero in grado di scagliare la “prima pietra” di cui parla di Vangelo…
Quali sono le sue proposte in merito?
La gestione di beni patrimoniali ha bisogno di soggetti all’altezza, ma la legislazione nazionale consente già gli strumenti e le modalità più adeguati, dalla Property Company fino alla costituzione di Siiq. La prima cosa che occorre, ad ogni modo, è una seria valutazione del patrimonio complessivo, dopodiché servono le competenze e le capacità più adeguate per sviluppare e valorizzare.
Può farci un esempio?
Pensiamo soltanto alla Galleria di Milano e a tutto ciò che la circonda. Stiamo parlando del più grande shopping mall di altissima qualità al mondo. Non può essere certo governato dalle strutture del funzionariato pubblico o dal demanio. Servirebbe un soggetto in grado di coinvolgere gli attori specializzati del retail e del terziario in modo da portare questo patrimonio al suo massimo splendore.
Cosa ha impedito negli anni partnership come queste?
La presunzione e l’illusione del pubblico di poter gestire tutto in maniera centralizzata e statalista. Questa visione tradisce, ovviamente, un’antropologia negativa e un pregiudizio di fondo nei confronti del privato.
I risultati di questo approccio non realistico sono però sotto gli occhi di tutti. Grazie all’esperienza che ho maturato nel campo del Real Estate, posso infatti dire con certezza che la nostra città è piena di capacità e competenze, anche a livello internazionale. Nessuno però si è mai sognato di coinvolgere chi è capace. Per questo dico che la vera immoralità consiste proprio nella presunzione del “governo dell’autarchia”.
(Carlo Melato)