C’è un vuoto di politica in quanto sta succedendo, che come in ogni altra situazione analoga produce una cosa sola: violenza e guerra civile. A dire così è Ciro Pica, uno dei 5mila tassisti milanesi che stanno protestando contro Uber, l’applicazione finanziata da Google e Goldman Sachs che in pratica ha creato un servizio taxi alternativo. Pica ci tiene a sottolineare la sua distanza da ogni violenza, come il lancio di uova contro il rappresentante di Uber, o i pestaggi a cui si assiste nelle ultime ore: “Ho anche lavorato nei giorni di protesta spontanea, ma il punto è che qua è in ballo qualcosa di più grosso dei tassisti e del trasporto pubblico”. Cosa intende lo spiega in questa intervista.
C’è una posizione comune riguardo a Uber di tutti i tassisti milanesi?
Sostanzialmente sì, tutte le organizzazioni e tutti i tassisti milanesi sono d’accordo in questa protesta. Per spiegare le nostre ragioni però bisogna dire prima cosa è Uber e che cosa significa per i lavoratori.
Ci dica.
Uber è un soggetto che si nasconde dietro un’applicazione paragonata a un radio taxi apparsa improvvisamente nel mondo. Una società super finanziata che intende imporsi con l’intermediazione di trasporto pubblico non di linea, che è vietata per ovvi motivi di sovra costi. Si è quindi imposta fuori da qualsiasi ambito riconosciuto dal diritto.
Ci spieghi meglio.
Ci sono normative, ci sono delle competenze che spettano ai noleggiatori e ai tassisti in modo diverso, nessuno di noi ha mai sconfinato in altre competenze, questa è una condizione per effettuare un servizio che si rivolge al pubblico.
Invece loro cosa fanno?
Prendono i noleggiatori che non lavorano e li trasformano in tassisti. E’ il primo ingresso nel mondo del trasporto pubblico non di linea, un tentativo di entrare nella gestione del trasporto pubblico non di linea a livello globale.
Ma nessuno mi ha mai impedito ad esempio di noleggiare una vettura con l’autista invece di chiamare un taxi.
Certo, però in una condizione di servizio che ha una sua regolamentazione. Chiami la società di noleggio, prenoti la macchina e tutto il resto. Uber invece grazie all’applicazione fa credere al cliente di avere una sorta di vantaggio non dovendo più usare il telefono, ma schiacciando un bottone, in questo modo smette di fare il noleggiatore e diventa tassista.
Uno sconfinamento di esercizio?
Esatto. Siccome i tassisti hanno degli obblighi impostati in un certo modo, qui siamo davanti allo sconfinamento strutturato organizzato e finanziato. E’ diverso dal tassista abusivo, ma rimane un sistema di mediazione che guadagna soldi e che sconfina in un campo altrui.
Non si potrebbe obbiettare che voi tassisti state cercando di difendere un sistema di monopolio contro la libera concorrenza?
Il secondo qual è?
Il secondo è prendere persone con la patente e attraverso il taxi low cost decidere di scompaginare un sistema mondiale (tanto è vero che ci sarà uno sciopero europeo dei tassisti) dicendo: chiunque può farlo, basta l’applicazione google map. Ok, va bene anche questo, però passi dalla strada che abbiamo fatto tutti. Regole cioè di mercato, non regole inventate da una lobby. Ci sono regole per fare il tassista o l’ingegnere, se abolisci tutto questo in virtù di una tua concezione dell’economia tale per cui invece di chiedere perdono è più facile chiedere permesso, evidentemente si crea un problema.
Tutto questo accade perché ci sono dei vuoti legislativi?
Quelli sono secondari: io non mi metto a fare il radio taxi o il noleggiatore perché rispetto le condizioni di una civiltà, di una convivenza del lavoro. Non faccio l’abusivo perché rispetto i lavoratori. Qua invece l’applicazione è un cavallo di Troia per infilarsi in un mercato: oggi l’innovazione è una sorta di totem cui tutti devono sottoporsi. Teniamo presente che Uber prende dal 10 al 20% su un miliardo di corse, e dico poco, al giorno con una applicazione che costa 200mila dollari. Questi hanno conquistato il monopolio.
Se non è un vuoto legislativo, allora è un vuoto politico?
Infatti, non si può non denunciare il vuoto della rappresentanza politica che è la causa del populismo a tutti i livelli. Non essendoci una politica forte che sa dove vuole portare la vita di un popolo, la deriva è la guerra civile, se non c’è la politica c’è la forza. Quella economica prima di tutto, entrando nel nostro settore chi ha ancora una licenza da pagare fa ancora più fatica. …E poi l’arroganza con cui hanno sfruttato il marketing, addirittura con buoni Uber ai giornalisti per farli scrivere bene di loro.
Cosa chiede allora alla politica?
Chiedo che mondo vogliono, se vogliono un mondo dove vince il più forte, chiedo che la politica svolga il suo ruolo per tutti tramite una politica rappresentativa non la politica di parte.
Non è neppure possibile pensare a un sistema competitivo da parte vostra?
No, perché nel momento in cui fai concorrenza sleale non c’è il soggetto. Se dobbiamo perdere, che si comprino le licenze. Con quelli che Uber ha dietro, domattina potranno anche aver comprato tutte le licenze. Ma tutti saremo più poveri.