La sindrome XLPDR è una malattia genetica attualmente incurabile. Chi ne è affetto è “spacciato”, ma ci sono casi come quello raccontato al Corriere in cui un bambino, nonostante le peggiori previsioni, è vivo. Normale per la madre chiamarlo “miracolo”, di sicuro è una lezione costante ad apprezzare la vita con le sue luci e il suo buio. Quella di questa mamma è una testimonianza sofferta di amore per la vita, ma anche di coraggio di fronte all’ignoto di una malattia rara. La signora era alla sua seconda gravidanza, portata avanti senza grossi problemi. Dopo la nascita si è resa conto che qualcosa non andava. L’allattamento, che è il momento di interazione più importante tra madre e figlio, si è rivelato doloroso per entrambi. «Tutti dicevano che ero io con le mie ansie, con le mie paure, a farlo stare così. Il mio senso di colpa aumentava di giorno in giorno». Il bambino ha cominciato a passare da un medico all’altro, mentre in lei montava la frustrazione. Poi ha cominciato a notare che era infastidito dalla luce e dal caldo.
“MIO FIGLIO CON SINDROME XLPDR”, LA TESTIMONIANZA
La situazione ad un certo punto precipitò. Il figlio non mangiava e beveva, piangeva e vomitava. Così decise di portarlo in ospedale. Dopo quattro ore di angoscia rivide il figlio: «La pelle era cambiata: si era scurita, era secca e presentava tante macchioline bianche», ha raccontato al Corriere della Sera. La sua insistenza nelle richieste di concentrarsi su quel cambiamento della pelle spinse i medici a consultare uno specialista dermatologo. Dopo sei lunghi mesi di attesa arrivò la diagnosi. «Suo figlio ha una malattia rara, forse lei ne è la portatrice sana». Se da un lato si sentì libera, perché capì che le sue sensazioni erano giuste, dall’altra si trovò a confrontarsi con la malattia del figlio, X-linked Reticulate Pigmentary Disorder with Sistematic Manifestations (Disordine reticolare della pigmentazione legata al Cromosoma X con manifestazioni sistemiche), il cui acronimo è XLPDR, una patologia genetica multisistemica ad andamento cronico e invalidante. Quel bambino è l’unico caso italiano della malattia che registra circa 20 casi in tutto il mondo.
“È VIVO: ECCO IL MIO MIRACOLO”
Non doveva arrivare a 5 anni, invece ora ne ha 11, frequenta la prima media ed è seguito dall’ospedale di zona. «Mio figlio presenta una serie di limiti che influenzano in modo importante la sua vita di bambino, per lui non ci sono cure, progetti di ricerca e forse non ci saranno mai. Ma nonostante le peggiori previsioni è vivo, ed è il mio miracolo della vita». Quel bambino rappresenta una fonte di forza per la madre, che così ha cominciato ad apprezzare la vita, fatta anche di difficoltà insormontabili. «Sono più stanca, è vero, ma poi penso che se ce la fa lui, allora devo farcela anche io», ha scritto la mamma. Ha deciso quindi di condividere la sua esperienza, ma soprattutto la lezione che ha imparato: «Non si può controllare tutto, ci sarà sempre qualcosa che sfuggirà al nostro controllo, ci sarà sempre qualcosa che non si aspetta. Perché la vita è questo: un viaggio inaspettato dove non sempre è dato sapere la destinazione». La sofferenza è ingiusta, ma fa parte della vita e l’amore è l’unica “arma” per combatterla.