Recentemente un caso giudiziario – simile, purtroppo, a moltissimi altri che ne capitano quotidianamente in tutta Italia – ha aperto per la prima volta all’importanza di quello che il giornalista del Mattino e scrittore Antonio Menna chiama ‘diritto alla felicità‘ permettendo di fatto ad una bimba di genitori separati di trascorrere la maggior parte del suo tempo libero non con uno o con l’altro genitore, ma nella città in cui si trova meglio per una serie di parametri del tutto personali: un caso destinato – se non altro – a stimolare alcune riflessioni sull’importanza di riconoscere (come peraltro avviene in altre parti del mondo) quel ‘diritto alla felicità’ anche nella nostra Costituzione.
Partendo dal principio: dicevamo già prima che la vicenda in questione è del tutto simile a moltissime altre che capitano quotidianamente, con un giudice che si è trovato a decidere sull’affido della bimba in una separazione. Interpellata direttamente in tribunale, la piccola ha confessato – pur chiarendo che “sto bene sia con mamma, sia con papà” – che preferirebbe “stare al Sud perché lì ho tanti amici, trascorro molto tempo fuori casa e mi piace molto il mare“; tutti aspetti che possono rientrare in quel più volte nominato ‘diritto alla felicità’ che – alla fine – il magistrato ha riconosciuto alla piccola.
Le riflessioni del Mattino sul diritto alla felicità: “Potrebbe diventare un indicatore del benessere sociale”
Un caso – insomma – classico, ma che per la prima volta ha tenuto direttamente conto del parere della bimba, dando seguito al suo desiderio (ed infatti passerà più tempo con il padre al Sud, piuttosto che con la madre al Nord) che apre ad almeno un paio di riflessioni: la prima è quella a cui accennavamo prima, che potrebbero – e forse dovrebbe – portare ad inserire il ‘diritto alla felicità’ in Costituzione, analogamente al caso della Dichiarazione d’indipendenza statunitense.
La seconda ipotesi, invece, apre all’ipotesi di rendere quel ‘diritto alla felicità’ un possibile indicatore politico e sociale del benessere di una determinata comunità, seguendo – in questo caso – l’esempio del minuscolo stato di Bhutan che ha superato il ben noto indicatore del Pil a favore del Fil, ovvero la ‘Felicità interna lorda’ calcolata sulla base di 33 differenti indicatori accurati che vanno dal benessere psicologico, fino al tempo libero speso per la “vitalità della comunità”, passando – quasi naturalmente – anche per la salute.