Uno dei volti più rappresentativi della Nazionale di volley femminile che tanto sta facendo appassionare l’Italia è lei, Miriam Sylla. Grintosa in campo e fuori, ogni suo pallone schiacciato per terra è sinonimo della sua voglia di emergere e di lasciare il segno, ancora di più oggi che c’è da infondere coraggio ad una famiglia che ha perso un punto di riferimento come l’amata mamma, morta a dicembre a causa di una brutta malattia. La nativa di Palermo originaria della Costa d’Avorio ha raccontato a “Diva e Donna”:”Una cosa così grande hai solo due modi per affrontarla: o ti lasci sopraffare o decidi di andare avanti più forte di prima. Se mia madre fosse qui, fisicamente, mi darebbe due schiaffoni se mi afflosciassi, mi lasciassi andare. E poi io lo so che non cammino mai da sola. Già prima volevo fare il meglio possibile in campo perché mia madre mi guardava in tv e ho sempre voluto onorare il cognome della mia famiglia. A maggior ragione oggi. Io voglio essere forte, possibilmente la più forte, dentro e fuori dal campo, per far capire a papà e ai miei fratellini che non mollo”.
MIRIAM SYLLA:”COSI’ HO SCONFITTO IL RAZZISMO”
Il forte attaccamento di Miriam Sylla alla sua famiglia è dato anche dai sacrifici che la mamma e il papà hanno affrontato:”Facevano le pulizie, poi gli operai, insomma ci tiravano su davvero con poco ma non hanno mai fatto mancare nulla a me e ai miei fratelli, Kumba di 13 anni e Malik di 11″. La storia di Sylla è quella di chi grazie al suo talento e alla sua forza di volontà è riuscito ad abbattere anche il muro del razzismo:”Quello l’ho messo da parte da anni: se non ci fai caso tu, prima o poi smetteranno anche gli altri. Io sono orgogliosa di indossare la maglia della Nazionale, per onorare i miei genitori e perché sono italiana al cento per cento e non cambierei l’Italia con nessun posto al mondo”. L’unico argomento su cui la Sylla alza le barricate è la sua sfera privata:”Ahia, nodo spinoso. Difficile trovare qualcuno che vada oltre la mia corazza. In passato c’è riuscito solo uno”. Chissà, tra una vittoria e l’altra…