L’intelligenza artificiale rischia di spazzar via le conquiste democratiche. Questa la sensazione dilagante in Europa, alla luce del sondaggio di European tech insight. Il 51% degli europei sarebbe favorevole alla riduzione del numero dei deputati, assegnando i seggi ad un algoritmo, mentre un terzo preferirebbe che i servizi sociali fossero gestiti dall’Ai anziché dai funzionari pubblici. Lo psicanalista Emilio Mordini, già docente universitario di bioetica e di etica, alla luce della sua esperienza sul tema intelligenza artificiale, essendo membro del Gruppo di esperti su ricerca e innovazione per la sicurezza, per conto della Commissione Ue, spiega a La Verità che questi dati dimostrano che «le persone tendono ad avere più fiducia nelle macchine che nelle persone», anche perché non è corruttibile. Ma non sempre questo è positivo.
«Sotto il nazismo e il comunismo, alcuni si salvarono corrompendo i funzionari statali». Quindi, con un algoritmo non si sarebbe salvato nessuno. «Se gli esseri umani imitano le macchine, meglio le macchine», osserva Mordini. Dunque, è una questione di libertà, anche a livello pratico. «Più la nostra società si affida a procedure amministrate da macchine (o da esseri umani che si comportano come macchine), più perdiamo la nostra libertà». Inoltre, lo Stato per aumentare le tasse e controllare i servizi che eroga deve servirsi di linee guida e algoritmi. Si configura così una sorta di “capitalismo della sorveglianza“.
“NON SARÀ ALEXA A DIRCI QUAL È SENSO DELLA VITA”
«Più che di prosperità, lo Stato e le grandi corporazioni si propongono come garanti di sicurezza. Le istituzioni globali, ad esempio l’Oms, promettono di proteggerci da questi rischi, spesso imponendo comportamenti preventivi: vaccini, riduzioni delle emissioni di CO2, censura delle fake news, che inevitabilmente riducono la libertà», dichiara Emilio Mordini nell’intervista a La Verità. D’altra parte, migliora la qualità della vita delle persone? Non sempre. «Queste istituzioni si preoccupano di allungarci la vita (ammesso che ci riescano), ma non di renderla più piena. Il valore della vita non sta solo nella sua durata. Forse viviamo più a lungo, ma viviamo meglio?», si chiede lo psicanalista. Di conseguenza, è possibile «imporre un mondo fatto di algoritmi solo se le persone perdono la percezione della qualità della vita». Si vive allora l’illusione di avere una vita più lunga e comoda grazie alla tecnologia, ma alla fine il prezzo da pagare è alto. «Le nostre vite sono più lunghe ma si sono impoverite, sono diventate come le mozzarelle del supermercato: sane, a lunga conservazione, ma insapori». Le cose sono cambiate dalla Seconda guerra mondiale secondo Mordini, perché l’allungamento della vita è stato presentato come un valore assoluto. «Questo è il patto diabolico che lega la nostra società alla tecnologia, e quindi anche all’Ai. Come criceti nella ruota di una gabbia, siamo condannati a inseguire ciò che non raggiungeremo mai». L’intelligenza artificiale, conclude Mordini, è uno strumento per gestire le informazioni, ma il problema sono i desideri, non le macchine usate per realizzarli. «Noi oggi pensiamo che la verità non esista e cerchiamo la sicurezza nelle istituzioni e nella tecnologia. Ci affanniamo e agitiamo per molte cose, ma non sarà certo Alexa a dirci qual è il senso della vita».