Giovedì 10 luglio sarà votata dall’europarlamento una mozione di sfiducia a von der Leyen per la gestione illegale dei vaccini. È un fatto politico
All’Europarlamento è in discussione una mozione che in sé non produrrà nessun effetto, ma che sta creando parecchio imbarazzo a due protagoniste dell’attuale scena politica europea: la prima è Ursula von der Leyen, la seconda Giorgia Meloni. La mozione chiede la censura della presidente della Commissione Ue.
Giovedì, al termine del dibattito iniziatosi ieri, si voterà per questa censura e non ci saranno voti a sufficienza, visto che i gruppi si sono già pronunciati a maggioranza per respingere la richiesta (per approvarla occorrerebbero i due terzi dei votanti). Dunque, nei fatti non accadrà nulla.
Tuttavia, vanno rilevati tre risvolti politici. Il primo è che la mozione è stata presentata e la soglia necessaria per la discussione in Parlamento è stata raggiunta.
La seconda è che il tema riguarda una vicenda che Ursula non ha mai chiarito del tutto, ovvero la sua trattativa con la Pfizer dei vaccini ai tempi del Covid.
Il terzo riguarda il soggetto che ha orchestrato la macchina della censura: questo europarlamentare si chiama Gheorghe Piperea, appartiene al partito Aur (Alleanza per l’unità dei romeni) dell’euroscettico George Simion e all’eurogruppo Ecr (Conservatori e riformisti), di cui Fratelli d’Italia è un azionista di maggioranza.
Se fossimo allievi del filosofo Aristotele comporremmo il seguente sillogismo: Ecr ha tra i suoi esponenti principali la Meloni, Ecr è il partito cui è iscritto l’accusatore della von der Leyen, di conseguenza la Meloni va all’attacco della presidente Ue. Non dimentichiamo che Meloni e Salvini, alla vigilia delle elezioni presidenziali in Romania, si erano detti dalla parte di Simion, poi sconfitto dall’europeista Nicusor Dan.
In realtà, la politica sfugge alle regole ferree della logica. Perlomeno, questo avviene oggi. Perché nei mesi del lockdown, quando emerse una gestione quantomeno opaca da parte della von der Leyen riguardo l’approvvigionamento dei vaccini e il sostanziale obbligo per i 27 di somministrarli a tappeto, Giorgia Meloni gridò allo scandalo contro i vertici di Bruxelles. Oggi invece la situazione è diversa. La Meloni da tempo ha avviato una manovra di avvicinamento a Ursula, e addirittura (come Il Sussidiario scrisse già un anno fa) ha regalato alcuni voti alla von der Leyen al momento della rielezione alla guida della Commissione.
Siamo dunque di fronte a un clamoroso paradosso. Un membro del partito di cui la presidente del Consiglio italiana è componente di primaria importanza presenta una mozione di censura verso la presidente che oggi guida la Commissione anche grazie ai voti di quella medesima presidente del Consiglio. È per questo che la premier non può criticare von der Leyen e non lo farà.
Infine, si riaccende la luce sulle contraddizioni della maggioranza di governo italiana che a Roma è compatta ma a Bruxelles è divisa: Lega e Patrioti coerentemente a favore della mozione di censura, Forza Italia contraria per le ragioni opposte, in modo coerente con il suo europeismo, Fratelli d’Italia in forte imbarazzo.
Ma anche Ursula von der Leyen ha i suoi problemi, non solo di immagine – perché non è mai bello finire del mirino di una mozione di censura –, ma di politica: la sua Commissione è nata debole e continua a navigare senza riuscire a rafforzarsi. La fragilità di Ursula sembra non trovare contromisure.
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