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Home » Musica e concerti » RITORNO AD ABBEY ROAD/ 9. Il “Magical Mistery Tour” dei Beatles e i primi segnali della crisi

  • Musica e concerti

RITORNO AD ABBEY ROAD/ 9. Il “Magical Mistery Tour” dei Beatles e i primi segnali della crisi

Francesco Chiari
Pubblicato 13 Novembre 2009
MagicalBeatles_R375

"Magical Mistery Tour": compaiono i primi segnali della crisi dei Beatles, culminata tre anni dopo nello scioglimento del gruppo. Campanelli d'allarme avvertibili da almeno un anno, da quando i Fab Four avevano smesso di esibirsi dal vivo. La recensione di FRANCESCO CHIARI    

1967: i Beatles sono – letteralmente – in cima al mondo, in febbraio il singolo Penny Lane/ Strawberry Fields Forever ha cambiato la storia del rock in una manciata di minuti, a giugno l’album “Sgt. Pepper” ha sconvolto tutte le regole del music business, nello stesso mese i quattro partecipano al primo programma in mondovisione, Our World, cantando la oggi abusatissima All You Need Is Love, la musica della successiva “Estate dell’Amore” si ispirerà senza remore a questo insuperabile picco creativo… un tale momento di gloria andrà avanti così all’infinito, giusto?


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Sbagliato! Proprio in quell’estate compaiono i primi segnali della crisi culminata tre anni dopo nello scioglimento del gruppo, segnali comunque già evidenti da almeno un anno, da quando cioè i Beatles avevano smesso di esibirsi dal vivo; l’ultimo concerto era stato il 29 agosto 1966 al Candlestick Park di San Francisco, e coi Beatles lontano dal palco il loro manager Brian Epstein aveva perso la principale ragione di essere, situazione questa aggravata dal suo sentirsi estraneo alle idee più avanzate dei suoi protetti, come nel caso della epocale copertina di “Sgt. Pepper” che lui avrebbe preferito semplicemente di carta marrone.


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Quasi un anno dopo, il 27 agosto 1967, Epstein muore in circostanze sospette (ufficialmente per abuso di tranquillanti, ma Epstein era omosessuale quando in Inghilterra questo era reato penale, anche se lui, come curatore dei quattro più illustri baronetti del momento, era abbastanza al sicuro). La notizia stravolge i Beatles, che interrompono un periodo di meditazione in Galles col guru Maharishi Yogi per ritrovarsi il primo settembre a casa di Paul e decidere sul da farsi: il luogo stesso sembra a posteriori carico di presagi, dato che proprio Paul – il più pratico dei quattro, il più interessato da anni alla produzione di un disco e non solo alla sua creazione – prenderà in un certo senso il posto di Epstein, con le inevitabili e prevedibili frizioni interne.


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Il primo aprile, appena terminate le registrazioni di “Sgt. Pepper”, Paul era volato in America dalla sua ragazza, l’attrice Jane Asher, ed era rimasto impressionato dai Merry Pranksters, giovani guidati da Ken Kesey – l’autore di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” – i quali giravano il paese in un autobus dipinto a colori psichedelici e filmavano tutto quanto capitava: l’esperienza si incrociò nella mente di Paul con quella tipicamente inglese dei Mystery Tours, viaggi in autobus di cui si sapeva il punto di partenza ma non quello di arrivo, e così nacque “Magical Mystery Tour”.


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La canzone omonima fu registrata il 25 aprile 1967, quando i Beatles avevano appena concluso l’epopea di Sgt. Pepper, e come capita a tutti gli artisti soffrivano di quella depressione che prende appena terminata un’opera importante: qua e là si avverte una certa disinvoltura generata dall’eccessiva fiducia in se stessi, ma il brano riesce comunque a comunicare una gioiosità fanciullesca molto più tipica di Paul che del cinico John, segnale questo dei cambiamenti a venire.

Lo stesso Epstein aveva apprezzato la canzone e l’idea che potesse essere lo spunto per un film, ma gli altri del gruppo avevano nicchiato, lasciando praticamente mano libera a Paul e al suo mondo musicale: la seconda canzone di questi a finire nel film, Your Mother Should Know, è infatti un pezzetto da music-hall (ma Paul era riuscito assai meglio in When I’m Sixty Four) e sarà usata nel gran finale stile Broadway coi quattro in abito da sera bianco.


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Non casualmente, la seduta di incisione di questo brano, il 22 agosto, sarà l’ultima presenziata da Brian Epstein prima di morire.
Alla citata riunione del primo settembre i Beatles decisero, fors’anche in ricordo del defunto, di procedere con l’idea del film, realizzato nella più grande disorganizzazione in appena tredici giorni, fra l’11 e il 24 settembre; la colonna sonora fu pubblicata il 6 dicembre su un doppio 45 giri EP con appena sei pezzi (la versione americana su LP verrà rimpolpata includendo tutti i citati singoli del 1967, e oggi – caso raro nella discografia beatlesiana – è considerata la versione definitiva), e il film fu trasmesso dalla BBC il 26 dicembre.


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Per la prima volta, un progetto beatlesiano è stroncato dalla critica in maniera quasi unanime, tanto da scuotere la fiducia in se stessi dei quattro.

Il caso particolare di "Magical Mystery Tour " richiede due analisi distinte per la musica e il filmato.
Cominciamo dalla prima: come detto, Paul contribuisce a metà dei pezzi, i due citati e uno dei suoi gioielli, The Fool On The Hill, da lui composta a metà marzo 1967. Quando John la sentì, si limitò a suggerire di scrivere il testo per non dimenticarselo, e questa fu la sola "collaborazione", certo riconoscendo che qui Paul si smarca benissimo dal mondo giovanilistico dei primi Beatles e continua il suo passaggio verso il mondo adulto, tanto che questo pezzo sarà rifatto da artisti pop e jazz come Sergio Mendes o i Singers Unlimited.

 

 

 

 

 

George fornisce una delle sue canzoni più deboli, Blue Jay Way, scritta a Los Angeles dopo un viaggio aereo in preda al jet lag (e si sente!), mentre il gruppo firma l’unico strumentale mai inciso per Parlophone, il bluesistico Flying.

John dal canto suo scodella un capolavoro assoluto come I Am The Walrus, autentica summa del suo mondo poetico, della sua rabbia e del suo disincanto verso tutto e tutti, compreso se stesso: la sontuosa veste orchestrale ispirerà i Genesis ma soprattutto la Electric Light Orchestra, che su questi quattro minuti e mezzo costruirà una carriera.

 

 

 

Il film, nonostante – o quasi proprio per – la sua trasandatezza, testimonia al meglio la "inglesità" che stava alla base delle scelte estetiche beatlesiane, allo stesso tempo omaggiando il Goon Show e anticipando il futuro: si guardi la scena dei gitanti strapazzati dal sergente Victor Spinetti sotto lo sguardo del maggiore Paul Mc Cartney, e si vedrà immediatamente dove è nato il Monty Python’s Flying Circus, che esordirà due anni dopo con le musiche di Neil Innes, della Bonzo Dog Doo Dah Band di Vivian Stanshall che, guarda caso, appare in di "Magical Mystery Tour" col classico e bellissimo gioiello di umorismo nero Death Cab For Cutie.

 

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