Auditorium del Vittoriale di Gabriele d’Annunzio a Gardone Riviera. Siamo in compagnia di Paolo Conte che ha da poco ritirato il premio Il Vittoriale degli Italiani seconda edizione, a lui assegnato dalla Fondazione omonima. Il prestigioso premio ha visto protagonista lo scorso anno il regista Ermanno Olmi.
“Dire che Paolo Conte è un paroliere è riduttivo” ha dichiarato Giordano Bruno Guerri presidente della Fondazione. “È un musicista, pittore, chansonnier e creatore di emozioni, capace di piegare le parole alla melodia. Ma soprattutto è un poeta, come d’Annunzio”.
Incontriamo l’artista nella piazzetta antistante la dimora del “Vate”, prima del check sound del concerto di questa sera.
Buongiorno Maestro. Posso chiamarla maestro?
Certo, prima avvocato, adesso può chiamarmi come vuole.
Dopo una carriera prestigiosa, lunga e che continua a darle grandi soddisfazioni, cosa rappresenta per lei questo premio?
Un bell’onore, il legame con lo scrivere un “bell’italiano” mi onora e lusinga.
Cosa l’accomuna a D’Annunzio?
Posso dire che mi basta “la pioggia nel pineto” per essere felice. Per la sua l’eleganza assoluta. Io poi tra l’altro sono un nostalgico tra virgolette. Un appassionato dei primi decenni del secolo scorso perché secondo me, sono stati i più rivoluzionari in senso estetico e vi era un’atmosfera di eleganza tutta particolare che poi non abbiamo mai piu ritrovato. E poi ho scoperto che D’Annunzio collezionava dischi Jazz proprio come me.
Ha confessato la sua passione per i primi decenni del secolo scorso. Cosa é rimasto e cosa si é perso?
Rimasto quasi niente, si è perso molto.
E di questi anni, di oggi?
Non saprei. Può darsi che siano anni di passaggio, può darsi che siano anni di un futuro che si preannuncia ma non é ancora arrivato. E comunque nemmeno tanto allegri.
Le contestano spesso di non parlare della realtà? Cosa ne pensa?
Non saprei che dire. Io mi occupo della realtà dell’anima.
Lei però usa le parole per parlare delle sue ispirazioni, del suo immaginario. Ma nella vita reale, quella in cui vive, che peso hanno le parole?
Le mie parole? Che dire, non so! Ci sono parole che svaniscono perché sono inutili, altre sono più importanti. Le parole hanno i loro tempi. E’ un film quello in cui vogliono vivere.
E che film trasmettono oggi?
Non lo so, non sono un metereologo.
Non ha mai pensato di scrivere un libro?
Ho ricevuto molte proposte in merito e mi hanno anche lusingato moltissimo. C’ho anche pensato e ripensato pero mi manca la tecnica. Facendo testi per canzoni e musica per canzoni si entra in una gabbia di significati e di ritmi che vanno a una velocità che si avvicina più al cinema, mentre un libro mi terrorizzerebbe. So che su qualche foglietto di carta mi sono scritto qualche inizio, qualche finale ma é tutta la parte in mezzo che mi sembra complicata, sembra un miracolo.
Molte persone che la seguono e che ascoltano la sua musica, spesso non riescono a dare una vera spiegazione del perché sono affascinati dalla sua arte. Lei é contento di questo o preferirebbe che dicessero “ mi piace perché…”?
Tanti artisti si sono lamentati di non essere capiti io invece preferisco non essere capito. Mi piace che ciascuno vada a fare il viaggio che vuole, con la propria sensibilità.
Lei ha già aiutato in passato dei giovani artisti, anche non italiani. Tornerà a farlo? C’é qualche giovane degno di attenzione?
Purtroppo non sono informato, non ho il tempo materiale per seguire. Ci sarà sicuramente qualcuno molto bravo. Ho sempre un po’ paura a fare di nuovo quello che facevo all’inizio del mio lavoro artistico, di fare l’autore per gli altri. Mi sono messo a fare tutto io per quella regola che dice che chi fa per se… perché purtroppo c’é sempre da patire dei piccoli tradimenti, magari non tutti, da parte del cantante, da parte dell’arrangiatore, da parte del direttore dell’orchestra, da parte della casa discografica, per cui l’autore, o per lo meno un autore come me, ci soffre da morire. Perché noi viviamo di uno snodo armonico in un determinato modo di concepire una cadenza, se tutte queste cose qui se ne vanno ti portano via proprio tanto. Noi autori, io per lo meno, ho lavorato molto con fortissima forza in solitudine e poi dopo vedere il proprio lavoro cosi, magari non capita dagli altri… anche se la curiosità ci sarebbe perché l’autore ha sempre la curiosità di vedere da che punto di vista vengono guardate le sue creazioni, pero poi tante volte, troppe volte, sono andato in crisi…
E come prende le sue canzoni quando vengono interpretate da altri artisti?
In realtà mi fa piacere perché e sempre un omaggio che mi viene fatto, tra l’altro sono anche quattro soldi che dovrei guadagnare – sorride – pero io vorrei poter seguire l’interprete fino alla chiusura del disco, non mi basta più consegnare la partitura scritta, il testo e poi lasciar fare perché è lì che possono esserci dei momenti di incomprensione, con le donne poi è particolarmente difficile per i loro capricci.D’Annunzio sarebbe stato bravissimo.
C’è ancora divertimento nell’esibirsi dal vivo dopo tutti questi anni?
Oddio, c’é una certa ripetitività, inutile nasconderlo però ho una bellissima orchestra, sono cari amici e c’è sempre un piccolo margine lasciato all’interpretazione e all’improvvisazione per cui ogni volta ho il vecchio spirito dell’amateur, del dilettante pur essendo professionale. Penso che una serata passata suonando sia una serata spesa bene e quindi tutto sommato sono felice.
Se nel ’75 non avesse abbandonato la carriera forense, cosa sarebbe oggi Paolo Conte?
Senza fare il musicista, avrei fatto il pensionato anticipato – sorride –. Non so comunque avendone le possibilità mi sarei divertito.
Magari questa giornata passata al Vittoriale la ispirerà per un testo su Gabriele d’Annunzio?
Ho sempre desiderato vedere questo posto. Lo conoscevo attraverso delle immagini fotografiche e adesso lo respiro. Non so, adesso non saprei non posso dirtelo su due piedi però sicuramente ci saranno delle cose che… chissà. Poi l’ispirazione arriva… Vedremo!
(Angelo Oliva)