Michele Marelli, classe 1978, ancora diciottenne incontra Karlheinz Stockhausen, con il quale instaura un profondo rapporto artistico che lo spinge a dedicarsi al corno di bassetto, del quale Giorgio Gaslini lo definirà “esecutore principe”. “Very gifted” secondo Stockhausen “an absolute genius” secondo Suzanne Stephens, diventa assistente alla classe di clarinetto presso gli Stockhausen Courses Kürten dove vince per ben sei volte il premio per la migliore performance direttamente dalle mani di Karlheinz Stockhausen che lo vorrà come membro del suo ensemble, incidendo due dischi (anche da solista) ed eseguendo molti pezzi in prima mondiale sotto la sua direzione. Vincitore di numerosi concorsi internazionali, ha tenuto concerti da solista in tutta Europa in importanti sale da concerto e festival musicali. Il primo aprile 2004 tiene un concerto solistico nel Duomo di Milano voluto dal Cardinale Dionigi Tettamanzi, interamente dedicato alla musica di Karlheinz Stockhausen, di fronte a migliaia di spettatori. Nel maggio 2010 esegue in prima mondiale nell’ambito della MusikTriennale di Colonia “Uversa”, sedicesima ora da “Klang”, per corno di bassetto e musica elettronica, l’ultimo lavoro per corno di bassetto composto da Stockhausen prima della sua scomparsa. Nell’ottobre 2010 pubblica il cd “Harlekin” di Stockhausen per l’etichetta Stradivarius (vincitore di numerosi riconoscimenti discografici tra cui il “5 Diapason” dell’omonima rivista francese nel Febbraio 2012) e “Uversa” per la Stockhausen-Verlag. Ed è proprio di questi mesi l’uscita del suo ultimo disco dedicato ad una serie di lavori per corno di bassetto solo del celebre compositore tedesco, nello specifico: “Traum-Formel”, “Evas Spiegel”, “Susani”, “Die 7 Lieder der Tage”, “Freia” ed “In Freundschaft”.
Carissimo Michele, vorrei chiederti innanzitutto di delineare in poche parole, per quanto complesso, le motivazioni che ti hanno spinto, fin da giovanissimo ad avvicinarti alla musica ed all’opera di Karlheinz Stockhausen.
Ho conosciuto la musica di Stockhausen grazie al mio Maestro di Conservatorio Giacomo Soave, grande appassionato di musica contemporanea. A 13 anni mi fece suonare il primo pezzo di Amour nel saggio di fine anno e qualche anno più tardi, in una cassetta che mi aveva regalato quando avevo poco più di 16 anni, ricordo di aver ascoltato Der Kleine Harflekin (Il piccolo Arlecchino) e di essere rimasto assolutamente ipnotizzato da quella musica così complessa ma allo stesso tempo familiare. Ascoltando quella registrazione mi sono immaginato sul palco a suonarla e danzarla ed è ciò che è effettivamente accaduto, ovviamente dopo molto studio e fatica.
Il maestro tedesco, indubbiamente uno dei massimi compositori del XX secolo, ha lavorato molto nel nostro Paese, spesso tenendo qui prime esecuzioni di propri lavori. È però vero che sulla sua figura, in Italia, i pareri e le correnti di pensiero sono alquanto divergenti, portando spesso a commenti discordanti. Al di là degli “addetti ai lavori” potresti delineare la “risposta” del pubblico ai tuoi concerti dedicati alla sua musica? Come trovi l’ascolto nelle sale da concerto italiane?
Ogni volta che suono un pezzo di Stockhausen il pubblico prova un’emozione forte: è una musica che lascia qualcosa a chi la sa o la vuole ascoltare perché coinvolge l’esecutore in modo anche fisico, rendendolo un vero e proprio medium capace di trasmettere un messaggio che raggiunge il pubblico in modo non solo acustico. Il pubblico italiano è sempre molto curioso ma è spesso impreparato: per questa ragione cerco sempre di introdurre i pezzi che suono, spiegandoli in modo semplice come faceva Stockhausen stesso.
Qual è, a tuo avviso, la motivazione che ha portato Stockhausen a “ripescare” dall’oblio uno strumento quale il corno di bassetto? Nelle tue masterclass presso i Conservatori trovi interesse da parte degli studenti delle nuove generazioni verso questo strumento ed il repertorio stockhauseniano?
Stockhausen era sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e non ancora sviluppato dai compositori del passato. Si riteneva un vero e proprio esploratore alla ricerca dell’ignoto. Il corno di bassetto è uno strumento che era stato dimenticato per secoli nonostante le sue incredibili potenzialità. Il suo timbro aveva affascinato subito Stockhausen così come Mozart e altri, quando doveva scegliere lo strumento della famiglia dei clarinetti in grado di interpretare il ruolo di Eva nel ciclo di Opere LICHT dedicato ai giorni della settimana. Ciò che cercava era un clarinetto la cui sonorità fosse a metà tra la tromba (strumento di Michael) e il trombone (strumento di Luzifer). Il fascino del corno di bassetto attira moltissimo i miei studenti anche per l’aspetto sinuoso e la delicatezza ambigua del suo suono.
Nel panorama “complesso” della musica contemporanea in Italia cosa ti ha portato a concepire un disco per corno di bassetto solo? Ed in particolare legato totalmente al repertorio di Stockhausen?
Questo disco è molto importante per me perché sintetizza i dieci anni di collaborazione artistica che mi hanno legato a Stockhausen. Il Maestro stesso mi aveva suggerito di dedicarmi al corno di bassetto e ho preparato tutti i pezzi che sono inclusi nel cd con lui e con Suzanne Stephens, mia insegnante di clarinetto e sua compagna di vita alla quale tutti questi pezzi sono dedicati. E’ un disco carico di emozione perché rappresenta musicalmente una parte fondamentale della mia vita e lo fa offrendo a chi lo vorrà ascoltare, il suono puro del mio strumento mentre accarezza solitario pagine meravigliose di un artista che ha lasciato un segno profondo non solo in me, ma anche nella storia della musica.