Strana atmosfera gelida quest’anno a Sanremo, addirittura con la neve; ancora più chiuso in sé l’Ariston, fuori la bufera e dentro la solita serra di fiori e di poltrone riservate, spettacolo sul palco e spettacolo di chi vuol farsi vedere alla tivù, ancora oggi tale e quale la provincia anni ’50 per la quale è nato il festival. Difficile credere in qualche novità vera, forse la voce di Chiara, bella al naturale: Daniele Silvestri, che era sembrato all’inizio un outsider pure un po’ bruttino, figlio di nessuno, torna invece tra i big e canta le sue due canzoni, “A bocca chiusa” e “Il bisogno di te”. Della prima, cronaca in diretta di un manifestante che partecipa ad un corteo a Roma, la cosa che sembra più strana è che dica: “passa domani, che adesso non si può / oggi non apro, perché sciopererò”. Chi è, un negoziante? Un barista? Il fruttivendolo? In effetti la platea degli scioperanti di questi tempi si è tragicamente allargata, e comprende anche i piccoli proprietari. E non è che le rime semplici e d’effetto stiano male in una canzone, ma “che partecipazione certo è libertà ma è pure resistenza” sa di appropriazione indebita, per mancanza di cuore e intelligenza rispetto al citato Gaber, di cui ricorre pure, qui a Milano, l’anniversario. D’altronde “le parole, sì lo so, so’ sempre quelle/ ma è uscito il sole e a me me sembrano più belle”, lo dice lui stesso, e commenta: ”Il testo non spinge alla violenza o al volto coperto, semmai incita all’impegno. Non utilizzo nessun verbo ‘offensivo’, non credo che si debba scendere in strada per quello. Raccolto qualcosa che è sotto gli occhi di tutti e parlo di atmosfere e istanze basilari che, purtroppo, sono ritornate attuali, come il lavoro e la scuola. Ho cercato di dargli un contesto poetico come se fosse un racconto in bianco e nero”. E ancora Silvestri: ”Qualche decennio di benessere ha creato un bisogno minore di collettività rispetto agli anni ‘70 dei cantautori. Non punto il dito contro chi non porta questo bisogno nelle canzoni ma io non riesco a non farlo. Mi piace raccontare la realtà, anche soggettivamente, metterci la faccia”. Soprattutto la lingua, sembrerebbe, perché “ho solo questa lingua in bocca e se mi tagli pure questa/ io non mi fermo , scusa, canto pure… a bocca chiusa”. Ma chi ci costringe a bocca chiusa, se cantiamo sul palco meno provocatorio e rivoluzionario di sempre? Sempre quella nostalgia di dittatura sudamericana che ispirava i cantautori martiri di casa nostra, adesso così famosi che a Sanremo ci vanno solo da ospiti. Dopo di che, è vivo il rimpianto per lo strano che cantava per strada, con un improbabile completo azzurro e amico danzante, l’indimenticabile Salirò dalla perduta leggerezza e irrazionalità.
La seconda, Il bisogno di te, è un po’ più anomala e intrigante e sicuramente bisogna sentirla con la musica, perché il testo dà l’impressione di ripetizioni veloci e a doppio senso, e il ritmo potrebbe significare tutto. Lui stesso dice: “il bisogno di te non è stupidotta come può sembrare. Dietro si può leggere anche una storia d’amore ricattatorio e malato”. Non che ce ne fosse bisogno, di questi tempi; però il ricatto non è tra innamorati, ma forse tra due legati da altro, dato che ci sono di mezzo delle foto su un’isola. “allego fermo immagine/ di un’era lontanissima Noi due vicini e liberi/padroni di quell’isola” “e gli amici a quella tavola/la foto tu conservala se vuoi Io tanto ho un’altra copia sai/ anzi , parecchie copie sai perché non si sa mai/ così guardandola, immagino che non mi tradirai”. Il risvolto agro e imprevisto, il legame oscuro e violento che si intravede stravolge la prima impressione di canzone d’amore , e aspettiamo davvero di sentire come sarà cantata per verificare l’allontanarsi dalla banalità. Sempre che Silvestri è quello che twitta, simpatico e stordito: “Ma che davero davero il Papa si è dimesso? Ma è il film di Moretti?”
(Paola Caronni)