Gli annunci di Netanyahu, il caos in Israele e il rebus sulla smilitarizzazione di Hamas: gli scenari sulla pace ancora fragile nella Striscia di Gaza
GRAZIA, TRUMP E FASE 2: COSA HA DETTO IL PREMIER NETANYAHU DOPO L’INCONTRO CON MERZ
Dopo la visita del cancelliere tedesco Merz in Israele, le parole proferite dal Premier Bibi Netanyahu nella conferenza stampa congiunta con il leader di Berlino stanno già facendo il giro del mondo per l’attuale convulsa geopolitica sul Medio Oriente: in primis, l’annuncio sul fatto che non si dimetterà qualora il presidente dello Stato Ebraico, Isaac Herzog, dovesse concedergli la grazia per conclude il processo per corruzione. In secondo luogo gli annunci su Cisgiordania e piano Trump a Gaza, con la riapertura di alcuni “spiragli” per la pace, ma anche la conferma dell’instabilità effettiva nell’area in guerra da dopo il 7 ottobre 2023.
Nei giorni in cui i vari attori internazionali protagonisti della pace a Gaza siglata dal Presidente Trump – su tutti, Egitto e Qatar – lamentano uno sviluppo pacifico ancora lontanissimo, Netanyahu insiste che la tregua con Hamas nella Striscia può ragionevolmente durare visto «l’asse iraniano duramente colpito». Nel vertice entro fine anno con l’alleato americano alla Casa Bianca, il leader israeliano sottolinea come lo scenario attuale nella Striscia di Gaza e in Medio Oriente sia ormai pronto per passare alla seconda fase del piano Trump.
Davanti a Merz, Netanyahu si dice sicuro che prestissimo si riuscirà ad ottenere il pieno «disarmo di Hamas», così come la smilitarizzazione di Gaza e l’abbandono graduale di tutte le postazioni, con l’autorità palestinese che dovrà essere però controllata dagli organismi internazionali in modo che non possa tornare la rappresentanza di Hamas all’interno della Striscia.
CAOS SU HAMAS E MONITO QATAR AD ISRAELE: “NON PAGHEREMO NOI LA RICOSTRUZIONE DI GAZA”
In attesa di capire cosa emergerà dalle prossime interlocuzioni con i garanti della pace a Gaza in merito all’avvio della Fase 2 del Piano Trump, non tutte le voci alleate degli Stati Uniti vedono con lo stesso ottimismo lo sviluppo di una pace completa tra Israele e le forze filo-Iran in Medio Oriente. Su tutti, è il Premier del Qatar – Al Thani – a ritenere le trattative di pace ancora ad un punto critico.
Per ora, spiega l’emiro, i mediatori hanno ottenuto la pausa dal conflitto, ma non ancora un vero cessate il fuoco, che può essere completo solo «dopo il completo ritiro delle truppe di Israele». A quel punto la piena stabilità a Gaza può essere costituita, con il libero passaggio delle persone dentro e fuori la Striscia, oltre ad una autorità politica permanente nell’area. Sebbene non si combatta più ufficialmente dal 10 ottobre 2025, il piano di Trump deve ora entrare nel suo vivo e non tutti sono concordi con Netanyahu nel vedere a breve una svolta positiva per la fase 2.
Il disarmo di Hamas resta ancora problematico, così come la restituzione di tutti gli ostaggi morti in mano ancora alla sigla terroristica palestinese: per Al Thani inoltre non potrà essere il Qatar, così come altri partner internazionali, a pagare la ricostruzione a Gaza, in quanto «non possiamo firmare l’assegno per costruire ciò che altri hanno distrutto».
Nel Forum di Doha che oggi volge al termine, il Premier qatariota lancia un monito ad Israele e alla comunità internazionale per non lasciare in secondo piano la causa palestinese: dagli States intanto rilanciando un possibile presto incontro tra Netanyahu e Al Sisi, presidente dell’Egitto, proprio per discutere i termini di una complessiva attuazione del piano di pace. Se basterà questo ad indirizzare il Medio Oriente verso la reale stabilizzazione dell’area, le prossime settimane saranno lì a smentirlo o confermarlo…