La cinese CK Hutchison Holdings ha ceduto il 90% della società Panama Ports Company. Una mossa interessante da analizzare
Secondo Adria Ports, per la somma di 22,8 miliardi di dollari, il consorzio formato dai fondi d’investimento statunitensi BlackRock e Global Infrastructure Partners e dalla compagnia svizzera MSC dell’italiano Diego Aponte ha siglato un protocollo per acquisire dalla cinese CK Hutchison Holdings di Hong Kong il 90% della società Panama Ports Company, che gestisce i due principali porti di Panama, quelli di Balboa e Cristóbal. Nell’accordo è compreso anche l’acquisto dell’80% di Hutchison Ports, che gestisce 43 terminal in 23 Paesi, compresi i porti di Amsterdam e Anversa.
Una mossa che arriva a distanza di poco tempo dalle dichiarazioni del Presidente americano Trump di volersi riprendere il Canale di Panama e nel mirino c’erano proprio le concessioni portuali alla società cinese.
Per dare qualche cifra, senza approfondire oltre i dati tecnici che interessano solo gli addetti ai lavori: dopo i problemi di siccità del lago Gatún, il primo giugno del 2024 l’Autorità del Canale di Panama aveva aumentato il numero totale dei transiti da 24 a 32 per le navi portacontainer, cosiddette Classic Panamax e New Panamax. Questo aveva convinto colossi dello shipping come Yang Ming e Maersk a rientrare nel canale per le loro rotte interoceaniche.
Per Panama passa il 6% del traffico marittimo mondiale. Ogni anno il totale delle merci che transitano per il canale vale 270 miliardi di dollari. Si tratta di beni che viaggiano attraverso gli oceani e raggiungono 150 Paesi differenti in 1.700 porti. Questo fa di Panama il secondo collo di bottiglia del mondo per importanza dopo Suez. Questo da solo dà l’idea dell’importanza del canale, soprattutto ora che una grande parte delle portacontainer evita il canale di Suez con aggravio del costo dei noli marittimi.
Insieme al pacchetto azionario delle altre partecipazioni in Hutchison, che non a caso ha mantenuto una quota, questa operazione fornisce un’inesauribile fonte di dati marittimi sensibili per il controllo geostrategico dei traffici. Quando i Big Data sono uno dei punti caldi della concorrenza Usa-Cina. E, tra parentesi, pare che la Cina sia in vantaggio.
Fino a ieri i due porti di accesso al canale erano sotto controllo della cinese Hutchison. Poi è arrivato Trump con i suoi dirompenti annunci in diversi dossier mondiali e anche sulla volontà statunitense di riappropriarsi del canale con le buone o con le cattive.
Bene, nei giorni scorsi vi era già stata un’altra notizia molto importante: l’annuncio della riapertura del gasdotto Nord Stream sotto controllo americano, dopo la strigliata a favore di telecamera subita da Zelensky.
I fatti sono correlati? Nel bene e nel male, il rude mercantilismo trumpiano, che dice quello che fa e fa quello che dice, sta rimettendo una congrua distanza di sicurezza tra il vecchio egemone e le potenze emergenti? Sta veramente disinnescando la tanto paventata, ambivalente trappola di Tucidide tra Usa e Cina? Oppure, con un mondo troppo sviluppato e globalizzato per un solo egemone, sta semplicemente dividendo le zone di influenza da imperialista maturo, che evita sprechi di risorse e interviene solo quando serve?
Negli anni Sessanta una delle dottrine Usa prevedeva che la Germania venisse difesa sulle rive del Mekong. Ma oggi? Chi sta cedendo?
Veramente la Cina è spaventata dai dazi e indebolita dall’insufficiente crescita, dal debito pubblico e dai diversi problemi interni?
Il giornale conservatore londinese The Sun ci dice che gli autocrati cinesi stanno tremando perché una commissione d’inchiesta americana potrebbe rivelare al mondo l’ammontare delle loro ricchezze indebitamente accumulate. Veramente basta questo a fermare la millenaria volontà imperiale cinese?
Guardiamo la vicenda da un’altra angolazione. L’Inghilterra, prima della Grande Guerra, liquidò le proprie attività fuori dallo Stato per finanziare il riarmo. Xi Jinping ha posto il 2026 come anno limite perché l’Esercito di Liberazione Popolare superi la potenza di quello statunitense. Xi sta porgendo un ramoscello d’ulivo per timore degli Usa, oppure sta cercando di rassicurare Trump mentre si riarma per regolare i conti ora che è vicino alla potenza dell’egemone? In sostanza, Xi vuole la pace, oppure finge di ritirarsi per attaccare?
Purtroppo, nell’avvicendarsi di simulazioni e dissimulazioni sempre più rapide nello svolgersi degli eventi, non è possibile formulare pronostici.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.