Lombardia capitale del nucleare: Cremona prima tra le zone ritenute più idonee per la costruzione delle centrali, che saranno integrate col territorio
NUCLEARE, ITALIA “REGINA” IN EUROPA PER ZONE ADATTE
L’Italia è il Paese europeo più idoneo a ospitare centrali a fusione grazie alla sua rete industriale ed energetica. Lo segnala uno studio realizzato da Gauss Fusion, che ha cercato i luoghi più adatti a ospitare in futuro centrali a fusione nucleare. Dai risultati di questa ricerca emerge anche che l’Italia è il Paese in Europa con il maggior numero di siti potenzialmente idonei.
Nel Vecchio Continente sono stati identificati circa 900 siti potenziali, di cui 196 si trovano in Italia, distribuiti in 22 cluster, a conferma, appunto, delle condizioni particolarmente favorevoli offerte dal territorio italiano. Si tratta, ad esempio, di un numero che è quasi quattro volte superiore a quello della Germania.

Gli studiosi hanno anche spiegato perché l’Italia è così adatta: infatti, i criteri considerati sono geologia (stabilità del terreno), sismicità, clima, presenza di linee elettriche potenti e disponibilità di infrastrutture energetiche già esistenti da riconvertire, come ex centrali a carbone o vecchi siti nucleari, perché l’idea è di ridurre nuovi impatti sul territorio sfruttando ciò che già c’è.
NUCLEARE, DOVE POTREBBERO SORGERE LE CENTRALI
Focalizzandosi sull’Italia, lo studio ha rilevato quali sono le aree più promettenti: è il Nord Italia, in particolare le sette regioni lungo il fiume Po, tra Milano, Cremona e Venezia. Parliamo di un “corridoio” che presenta un’alta densità industriale, una rete elettrica forte e infrastrutture energetiche già sviluppate. Ma oltre a Milano, Cremona, Venezia, Udine, Verona, Torino, Pisa, Ravenna, vengono citate anche Grosseto, Pescara e Roma per il Centro.
Tra queste, comunque, Cremona risulta l’area più adatta perché vicina a importanti stazioni elettriche ad alta tensione. Lombardia capitale, ma per quanto riguarda il Sud Italia, sono stati individuati quindici cluster più piccoli, soprattutto vicino alle coste. Le province più coinvolte potrebbero essere Napoli, Brindisi, Catanzaro, Catania, Cagliari.
Da questo studio emerge anche un cambio di paradigma, perché si afferma che le future centrali a fusione nucleare non saranno strutture isolate o lontane dai centri abitati, come molte tradizionali, ma saranno invece integrate nei territori, dovranno collegarsi alle filiere produttive ed entreranno nelle reti energetiche esistenti. Non si potrà parlare di “cattedrali nel deserto”, ma di elementi inseriti nel tessuto industriale e urbano.
Secondo quanto dichiarato da Milena Roveda, CEO di Gauss Fusion, e riportato dal Giornale, l’Europa e soprattutto l’Italia hanno già le condizioni per passare dalla ricerca alla costruzione di centrali a fusione vere e proprie, garantendo un modello energetico più sicuro, competitivo e autonomo.
