Chiuso il primo processo per l'omicidio di Diabolik, ovvero Fabrizio Piscitelli, la vedova Rita Corazza chiede che si faccia luce sui mandanti

È di ieri la notizia della primissima sentenza per l’omicidio di ‘Diabolik’ – ovvero l’ultras laziale Fabrizio Piscitelli freddato a colpi di pistola in un parco romano nell’ormai lontano 2019 – che vede nella persona dell’argentino Raul Esteban Calderon – alias di Gustavo Alejandro Musumeci, secondo quanto definito dagli stessi giudici – il responsabile dell’omicidio: attualmente è stato condannato all’ergastolo, con i giudici che non hanno riconosciuto il metodo mafioso tra le aggravanti, ma resta ferma l’intenzione dei difensori del condannato di far ricorso in appello; mentre al contempo resta del tutto aperta la partita giudiziaria sui mandanti dell’omicidio di Diabolik.



Partendo proprio da qui, l’attuale inchiesta sui mandanti ipotizza che a dare l’ordine di uccidere Diabolik sia stato il boss Michele Senese con l’accordo di ‘Er Fornaro’ Alessandro Capriotti, del ‘Barba’ Giuseppe Molisso e del ‘Biondo’ Leandro Bennato con il chiaro intento di fermare l’ascesa criminale di Piscitelli: una partita – appunto – che resta ancora del tutto aperta, con l’inchiesta che procede serrata ma che – come spesso accade quando c’è il mondo criminale di mezzo – fatica a dipanare la fitta coltre di misteri e dubbi.



La vedova di Diabolik: “Bene per l’ergastolo a Calderon, ma non sappiamo ancora nulla sui mandanti”

Proprio attorno al ruolo dei mandanti si è concentrata la vedova di Diabolik – Rita Corazza, che assieme alle figlie Giorgia e Ginevra ha scelto di non costituirsi parte civile nel processo a carico di Calderon – dopo la lettura del dispositivo di ieri, denotando come l’ergastolo per l’argentino fosse del tutto coerente a “quello che mi aspettavo“, e precisando che “aspettiamo una seconda fase” del processo che permetterà di conoscere i nomi effettivi dei mandati sui quali – ricorda Corazza – “ancora non sappiamo nulla“.



D’altra parte la madre Maria Assunta, il fratello Andrea e la sorella Angela – che nel processo contro Calderon si erano costituti parte civile – sulla prima sentenza per l’omicidio di Diabolik hanno dimostrato non poco disappunto: al di là dell’immagine di Piscitelli mafioso – che nessuno dei tre contesta, sottolineando anzi che dovesse pagare davanti allo stato per le sue scelte sbagliate -, nessuno dei tre si capacita di come sia caduta l’aggravante del metodo mafioso; soprattutto – spiega Angela – perché a processo Diabolik “è stato descritto come un boss”.