Omicidio Emanuela Difonzo: il caso drammatico della bimba di 3 mesi soffocata dal padre mentre si trovava in ospedale. La ricostruzione del delitto
Omicidio Emanuela Difonzo: il caso della bimba di 3 mesi uccisa nel 2016 approda a Un giorno in pretura dopo la condanna definitiva del padre, Giuseppe Difonzo. L’uomo, 30enne all’epoca del delitto, dovrà scontare 29 anni di reclusione per aver soffocato la figlia, la notte tra il 12 e il 13 febbraio di 9 anni fa, mentre si trovava ricoverata all’ospedale ‘Giovanni XXIII’ di Bari.
Secondo i giudici, Emanuela Difonzo sarebbe stata vista come un ostacolo dal padre, una presenza “ingombrante e scomoda” che lo avrebbe messo di fronte a responsabilità che non voleva assumersi. Per questo, e anche per soldi, l’avrebbe uccisa approfittando di un momento in cui era rimasto solo con lei. In primo grado, Giuseppe Difonzo incassò una condanna a 16 anni per omicidio preterintenzionale, ergastolo in appello e 29 anni nell’appello bis, sentenza poi confermata in Cassazione nel 2015.
Omicidio Emanuela Difonzo: la ricostruzione e le parole del personale sanitario
Emanuela Difonzo sarebbe stata soffocata dal padre la notte tra il 12 e il 13 febbraio 2016. La piccola, morta ad appena 3 mesi, aveva già affrontato oltre 60 giorni di ricovero per via di alcune crisi respiratorie che avevano insospettito il personale sanitario in quanto sconnesse dal quadro clinico.
Si sarebbe poi scoperto che quelle crisi erano state causate dal padre, condannato anche per i due tentativi di omicidio della figlia avvenuti tra il novembre 2015 e il gennaio 2016. La bimba era nata sana, come raccontato da uno dei medici che la soccorsero più volte prima del delitto.
Ad appena 15 giorni di vita, la piccola Emanuela Difonzo sarebbe stata portata in Pronto soccorso dai genitori. La tutina “piena di sangue” e “un paio di graffi sul viso”. Stando al racconto della dottoressa che aveva seguito il suo caso, la bambina era arrivata “cianotica, con saturazione non brillante” e per questo si era reso necessario un trasferimento in altra struttura. Fu in quell’occasione che i sanitari iniziarono ad avere sospetti, da qui la segnalazione al Tribunale per i minori.