Omicidio Sofia Stefani, nuova udienza processo a Giampiero Gualandi: racconto choc dei genitori in aula. "Le ha distrutto il viso e cancellato l'identità"
Nuova udienza nel processo per l’omicidio di Sofia Stefani, la 33enne morta nel maggio 2024 negli uffici dei vigili urbani dove lavorava. A intervenire in aula, stavolta, sono i genitori della vittima, a partire dalla madre, Angela Querzè, che ha voluto difendere la dignità della figlia, ritenuta messa in discussione proprio durante il dibattimento. “Quel che è stato detto in alcune udienze è lesivo della sua persona“.
La donna ha descritto la figlia come una ragazza solare, che amava la vita e voleva lavorare vicino a casa per restare accanto alla famiglia, ma era preoccupata per la sua precarietà lavorativa. Infatti, in un biglietto ritrovato dopo la sua morte, aveva scritto: “Finalmente ho trovato un lavoro e quindi posso pensare al mio futuro“. Inoltre, viveva male l’ambiente di lavoro ad Anzola dell’Emilia (Bologna), che avrebbe definito “disumanizzante“.
“SOFIA STEFANI AVEVA SUBITO MOBBING”
Dal suo racconto emerge che quello in cui lavorava la figlia era un contesto lavorativo difficile, caratterizzato da tensioni. Infatti, pare che Sofia Stefani avesse parlato alla famiglia di aver subìto mobbing, ma anche di sentirsi protetta da Giampiero Gualandi, ex comandante imputato con l’accusa di averla uccisa. L’uomo, che con lei aveva una relazione extraconiugale, deve rispondere di omicidio volontario aggravato.
Dalle testimonianze è emerso che Sofia era convinta che il comandante l’avrebbe aiutata a tornare a lavorare ad Anzola dopo le elezioni comunali. Inoltre, la seguiva a livello sindacale. Dunque, per la famiglia, non c’erano motivi per nutrire sospetti su di lui.
LA SCOPERTA DELLA MORTE E IL COLPO DI PISTOLA AL VISO
La mamma della vigilessa ha ricostruito il giorno dell’omicidio, spiegando che era in bicicletta con amici quando ricevette la chiamata dei carabinieri, che la avvisava che era successo qualcosa a sua figlia. Subito dopo, una pattuglia li raggiunse in un bar: così Querzè intuì che la figlia era morta.
In merito al colpo, che per la difesa sarebbe partito accidentalmente dalla pistola, la mamma ritiene che abbia “distrutto l’identità” della figlia; anche per questo considera il caso un femminicidio. “Le è stata distrutta la faccia, è stata cancellata dal mondo“.
In aula è intervenuto anche Bruno Stefani, padre della vittima, ancora scioccato e confuso per l’accaduto. “Mi sono improvvisamente trovato orfano della mia unica figlia“. Infatti, ha evidenziato come la loro vita sia stata completamente stravolta dalla tragedia. “Vivo questo processo con un sentimento di astrazione“.