Omicidio Sofia Stefani, nuova udienza processo Giampiero Gualandi: periti smentiscono colluttazione e riferiscono che chat WhatsApp è stata cancellata
Tra Giampiero Gualandi e Sofia Stefani non ci fu alcuna colluttazione. Al contrario di quanto sostenuto dalla difesa dell’ex comandante dei vigili di Anzola, per i Ris ha sparato volontariamente alla vigilessa. Lo ha dichiarato il maresciallo Luigi Desideri, perito balistico della procura, durante il processo che vede Gualandi accusato di omicidio volontario pluriaggravato della vigilessa con cui aveva una relazione extraconiugale.
Sulle mani della vittima non sono stati riscontrati segni compatibili con l’uso o il contatto diretto con la pistola; inoltre, il suo DNA non era presente sull’arma, su cui sono stati individuati due profili genetici maschili: uno di Gualandi (presente anche sul grilletto), l’altro di un ignoto. Pertanto, la 33enne non ha toccato l’arma.
OMICIDIO SOFIA STEFANI, LA CONSULENZA BALISTICA
Anche la posizione di Gualandi al momento dello sparo e le tracce di sangue che sono state trovate confermano che non ci fu lotta. A ciò si aggiunge il fatto che, per sparare con quell’arma, bisogna premere con forza il grilletto, a ulteriore conferma di quanto l’ipotesi dello sparo accidentale sia improbabile.
Per la difesa, l’arma era stata pulita da poco da Gualandi, ma Desideri, in aula, ha riferito che sulla canna sono stati trovati residui non compatibili anche con spari precedenti. Inoltre, la presenza sulla scrivania di strumenti per la pulizia dell’arma non è sufficiente per provare che l’arma fosse stata pulita da poco.
LA VERSIONE DELLA DIFESA
Diversa l’interpretazione della difesa, il cui consulente balistico, Paride Minervini, ritiene plausibile che Sofia Stefani abbia toccato l’arma, seppur non al momento dello sparo. Il video 3D che ricostruisce la colluttazione evidenzia che la vittima possa essersi avvicinata all’ex comandante mentre era seduto, afferrandolo per una mano: così poi sarebbe partito il colpo accidentale. È stato anche mostrato un modello di pistola simile a quella della vittima per sostenere tale versione.
OMICIDIO SOFIA STEFANI, LA PERIZIA INFORMATICA
Un altro punto importante emerso dall’udienza sull’omicidio Sofia Stefani riguarda le chat su WhatsApp, analizzate dai periti informatici. Il maresciallo di Bologna, Matteo Filippone, ha spiegato che l’imputato ha cancellato la conversazione con la vittima tra le 15:39 e le 15:55, orario vicino a quello in cui sarebbe avvenuto l’omicidio. Dopo le 15:55 non ci sono più stati accessi all’app di messaggistica. D’altra parte, ha precisato che si tratta di “una analisi interpretativa, non è una verità divina“, però si è detto “sicuro” che le cose siano andate così.
