Invito del Card. Parolin a Israele e l'Occidente: “siglare la tregua e riconoscere lo Stato di Palestina”. Gli scenari e la posizione della Chiesa di Leone
IL RICONOSCIMENTO DELLA PALESTINA PER IL VATICANO L’INIZIO DELLA SOLUZIONE: MA SERVE IL DIALOGO DIRETTO
Il Vaticano con il Segretario di Stato Card. Parolin nel 2015 aveva siglato l’accordo di riconoscimento dello Stato di Palestina, per cui nei giorni in cui l’Europa si spacca sull’annuncio (roboante) fatto da Macron, la posizione della Chiesa Cattolica è tutt’altro che “nuova” nel merito. I rapporti tra Israele e Santa Sede, dopo l’attacco dell’IDF contro la chiesa di Gaza City, restano in forte fibrillazione, con la richiesta di Papa Leone XIV al Governo Netanyahu di prendere seriamente la proposta di pace per impedire nuovi massacri e condizioni disumane all’interno della Striscia di Gaza.
Quando dunque viene chiesto, a margine di un evento a Roma, al Segretario di Stato Vaticano Parolin un pensiero sullo scenario attuale della guerra in Medio Oriente, il punto di partenza resta il medesimo: «noi da mo’ lo abbiamo riconosciuto lo Stato di Palestina, per noi quella è la soluzione», o meglio, è l’inizio della soluzione per poter giungere ad una pacificazione reale. Riconoscere due Stati diversi – Israele e Palestina – che possono vivere vicino in autonomia (e sicurezza) dovrebbe essere la normalità, specie dopo gli accordi presi dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il punto è che nel mezzo molto è successo (a cominciare dall’invasione di Egitto e Siria contro Israele, impedendo fin da subito la costituzione dello Stato Palestinese) e ora gli scenari di guerra sembrano portare alle estreme conseguenze anche il possibile riconoscimento: rivolgendosi “indirettamente” alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ritiene giusto riconoscere la Palestina in un secondo momento (in quanto «non è ancora prematuro»), Parolin risponde alle domande dei cronisti ribadendo che non è affatto prematuro come momento, «è la formula giusta, passando attraverso il dialogo tra le parti» per costituire due realtà statali autonome.
PAROLIN TRA ISRAELE E UCRAINA: “NON SI RIPETANO GLI ERRORI. NOI NEUTRALI MA DICIAMO LE COSE COME STANNO”
Certo, lo stesso cardinale Pietro Parolin da fine diplomatico e profondo conoscitore dell’area mediorientale sa bene quanto sia complicato oggi arrivare al riconoscimento della Palestina (e non basta la “sparata” della Francia di Macron, probabilmente più utile per un tornaconto di consenso in patria che non per un effettiva disponibilità ad impegnarsi per chiudere il conflitto tra Hamas e Israele) è tutt’altro che semplice, anche per lo scenario «molto difficile che si è creato in Cisgiordania».
Al netto della conferenza nei prossimi mesi in USA – promossa da Parigi e Arabia Saudita – per provare ad attuare in termini pratici il riconoscimento dello Stato di Palestina, occorre impostare un vero dialogo anche con lo Stato di Israele: assieme ai tentativi del cardinale Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, lo stesso Segretario di Stato Parolin ritiene che sia Tel Aviv a dover cercare di non ripetere gli errori visti in questi 2 anni di guerra.
Il porporato che gestisce la diplomazia di Papa Leone XIV ritiene siano già troppi gli “errori” compiuti dalle forze di Israele in guerra, non da ultimo il raid sulla chiesa di Gaza: serve però attenzione particolare affinché popolazione, sigle umanitarie e «luoghi di culto non debbano essere colpite dalla violenza». Il contatto diretto tra Israele, Patriarcato di Gerusalemme e Santa Sede permane e così dovrà essere finché non sarà siglata la tregua a Gaza: stesso criterio anche per l’altra grande guerra dei nostri tempi, quella tra Ucraina e Russia.
Qui davanti alle critiche mosse negli anni alla posizione della Chiesa Cattolica, Parolin ribadisce come non sia possibile sostenere che la fede pacifica del cristianesimo possa realmente non essere naturale. «Non possono accusarci di non essere neutrali, noi cerchiamo di trovare una soluzione sempre», facendo anche riferimento all’incontro prezioso dello scorso sabato tra Papa Leone XIV e l’inviato della chiesa ortodossa russa, il metropolita Antonij.

