Il professore Beppe Scienza è intervenuto sulle "false" aspettative create dalla pensione integrativa e dai rendimenti "poco vertieri".

Secondo un docente di matematica dell’Università di Torino la convenienza sulla pensione integrativa andrebbe rivista a fronte della tassazione e dei rendimenti effettivi che questi fondi sarebbero in grado di offrire. Per l’ente previdenziale tuttavia, si dimostrerebbe come un ottimo strumento per maturare più denaro al fine di sostenersi “in un futuro”.



Da tempo il Governo sta cercando di incentivare più italiani possibili ad aderire ai fondi complementari. L’anno scorso ha proposto il versamento obbligatorio sul TFR (norma mai applicata), poi sono stati introdotti i possibili vantaggi fiscali sulla tassazione e oggi con delle mere campagne di “convincimento”.



La pensione integrativa secondo il professore Scienza

Secondo il professore Beppe Scienza i numeri e i benefit vantati – sulle sole parole – relativamente alla pensione integrativa sarebbero tutt’altro che “vantaggiosi e grandiosi”. A primo acchito si sbandiera la possibilità di ricevere l’8% annuo in più come redditività, ma di fatto, per un giovane si parlerebbe di solo lo 0,2%.

Numeri ben distanti dalla realtà e che rischiano di illudere di una redditività impossibile da percepire. Il professore dell’Ateneo di Torino lo ha spiegato con numeri alla mano durante il convegno tenuto sull’argomento e organizzato a carico del Dipartimento di Matematica del capoluogo piemontese.



Tenendo conto delle reali spese per i fondi complementari che sosterebbe un impiegato 35enne stipendiato con un importo medio – basso, e sostenendo l’1,8% di costo se aderisse ai PIP, lo 0,4% ai fondi chiusi e l’1,2% per quelli aperti, il rendimento andrebbe “in negativo” rispetto agli apparenti vantaggi fiscali di cui dovrebbe beneficiare.

Prevenzione e simulazione reale

Prima di aderire ad un fondo idoneo alla pensione integrativa, è essenziale controllare i report sull’ISC pubblicato a sua volta dal Covip, mirato a rendere più trasparente il sostenimento delle reali spese.

Secondo il professore Scienza piuttosto che iniziar da giovani, sarebbe meglio – paradossalmente – versare più soldi pochi anni prima di uscire dal lavoro.

Esistono aspettative poco realistiche ma ben ottimistiche che prospettano un – secondo il professore – utopico 100% di ritorno economico, altre più veritiere ma mai esposte che comporterebbero una perdita sul TFR del 70% / 80%.