Le pensioni 2026 potrebbero prevedere un incremento più alto grazie al nuovo taglio Irpef previsto dal Governo Meloni.
Le pensioni 2026 potrebbero contenere dei cedolini più alti, e questo soltanto se il bilancio confermerà l’ipotesi di intervenire sull’Irpef, riducendo l’aliquota di due punti percentuali, portandola dall’attuale 35% al 33%.
Si parla esclusivamente di un intervento che si applicherebbe sulla seconda fascia di reddito, motivo per cui interesserebbe i pensionati che percepiscono un reddito lordo variabile tra 28.000 € e massimo 60.000 € (annui).
Il nuovo aspetto delle pensioni 2026
Il governo vorrebbe aumentare le pensioni 2026. Per farlo, la strategia attuale potrebbe essere quella di ridurre ancora una volta l’Irpef, agevolando però soltanto una parte di cittadini italiani (resterebbero esclusi coloro che percepiscono un reddito inferiore a 28.000 €).
Verosimilmente si tratta di un’idea che potrebbe far riferimento alla proposta derivante da New York, dove però, in quel caso, verrebbero intaccati soltanto i “più ricchi”. L’ipotesi italiana, invece, si baserebbe su un criterio proporzionale rapportato al reddito.
Il Messaggero ha già rilasciato le prime stime e si evince che l’aumento più significativo si verificherebbe sugli importi più elevati: su 60.000 € l’incremento ammonterebbe a 640 €, su un reddito di 50.000 € si arriverebbe a 440 €, mentre intorno ai 40.000 € il rialzo scenderebbe a 240 €.
Qualora l’approvazione avvenisse in modo definitivo, non sarà necessario compiere alcun altro passo, se non attendere il calcolo automatico e accreditato direttamente in busta paga.
I problemi “insuperabili”
Al di là della prossima riforma previdenziale, ci sono due problemi che al giorno d’oggi presentano delle criticità: l’inflazione, che negli ultimi anni ha raggiunto dei livelli molto alti (impattando negativamente sull’importo delle pensioni), e l’età pensionabile, che dalle prime analisi si evidenzia un aumento dell’età.
Se si confrontano le differenze rispetto anche a 7 anni fa, i dati mostrano chiaramente il disavanzo e il disagio economico dei lavoratori.
Infatti, già tra il 2019 e il 2026 il tasso d’inflazione è stato superiore agli adeguamenti delle pensioni, rispettivamente il 17% contro il 12,5%.
Una simile differenza ha ridotto il potere d’acquisto, impedendo il pieno recupero. Ecco perché in bilancio si dovranno considerare anche questi aspetti esterni ma influenti.