Le pensioni rischiano un aumento dell'età anagrafica di almeno 3 mesi. Il Governo sta pensando a come "fermarlo", ma non per tutti
Nel 2027 oramai sappiamo che per maturare i requisiti delle pensioni si potrebbe prospettare un aumento dell’età anagrafica. Il Governo a tal proposito starebbe valutando di poter congelare il rialzo ma soltanto per una categoria specifica.
Abbiamo già visto che secondo il Dpfp (ovvero il Documento programmatico di finanza pubblica), non ci sarebbero manovre finanziarie a sufficienza per poter bloccare l’incremento, che tra 2 anni potrebbe crescere di altre 3 mensilità.
Pensioni a rischio aumento di età: le ipotesi
Le pensioni sono a rischio: c’è la possibilità che tra un po’ di tempo l’età anagrafica minima sia in aumento e serviranno altri tre mesi per andare in stato di quiescenza.
Ai dati attuali (e secondo ciò che il fondo economico permette), il Governo starebbe pensando di bloccare l’incremento soltanto per i contribuenti che hanno compiuto 64 anni.
Dunque niente possibilità per chi magari, pur avendo 62 anni di età anagrafica e avendo pagato 42 anni e 10 mesi di contributi, dovrà rassegnarsi all’idea di continuare a lavorare ancora per un po’.
Con questa strategia il costo passerebbe a 300 milioni di euro (dal precedente milione di euro).
Le altre ipotesi da discutere
Una prima ipotesi e alternativa all’uscita ordinaria per la vecchiaia riguarda la conversione del TFR come rendita previdenziale, anche se l’ex ministra nutre dei dubbi sull’efficacia di questa soluzione.
L’idea arriva da Claudio Durigon, nonché sottosegretario al Lavoro, che prevede tale opzione per chi ha 64 anni e 25 anni di contributi. Con questo metodo si può raggiungere serenamente una cifra pari a 1.600€ al mese.
Un’ultima strategia da parte della Ragioneria generale è di incrementare soltanto un mese di pensionamento aggiuntivo, così da trovare un accordo equo e bilanciato.
Anche perché – spiega sempre la Ragioneria – il vero problema starebbe nel coefficiente di trasformazione, ovvero quel meccanismo che fa moltiplicare gli anni di contribuzione versata rispetto all’aspettativa di vita stimata.
Più l’ISTAT “allunga” la longevità di un contribuente, e maggiore è la necessità di abbassare il moltiplicatore. Non resta che aspettare la prossima manovra di Bilancio che saprà confermare l’aumento dell’età sulle pensioni totali o anche solo parzialmente.