I risultati di uno studio sul farmaco emapalumab, salvavita per i bambini con Hlh (Linfoistiocitosi emofagocitica primaria), sono stati pubblicati sul ‘New England journal of Medicine’: questa sindrome genetica, malattia ultra-rara, è nota alle cronache per il caso del piccolo Alex Montresor, il bambino italiano trasferito dal Great Ormond Street di Londra al Bambino Gesù di Roma, che ha coordinato questo studio.
Alex è stato definitivamente curato al Bambino Gesù integrando l’uso sperimentale di emapalumab con un trapianto dal padre. Questo anticorpo monoclonale si è mostrato in grado di bloccare l’iper-infiammazione associata alla malattia e di controllarne le caratteristiche acute in oltre il 60% dei casi.
L’Hlh – ricordano dall’ospedale romano – è una grave sindrome iperinfiammartoria caratterizzata da una risposta incontrollata del sistema immunitario, che si presenta tipicamente durante l’infanzia (2 bambini ogni 100 mila nuovi nati), ma può manifestarsi anche negli adulti, e che lascia poche speranze a chi non riesce ad arrivare in tempo al trapianto di cellule staminali emopoietiche. Emapalumab è stato sperimentato con successo in questi anni a livello internazionale su un numero selezionato di pazienti.
EMAPALUMAB E LA CURA DI HLH
Per Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-ematologia e Terapia cellulare e genica del Bambino Gesù, “il nuovo farmaco rappresenta un prototipo di terapia molecolare mirata e un passo importante verso il miglioramento dei risultati per questa malattia genetica grave e pericolosa per la vita dei pazienti”, si legge tramite Adnkronos.
Emapalumab, messo a punto dall’azienda di biotecnologie Novimmune e successivamente preso in carico da Sobi, è il primo medicinale studiato specificatamente per l’Hlh primaria, già approvato negli Usa e in fase di revisione in Europa. Si tratta di un anticorpo monoclonale diretto contro una molecola, l’interferone-gamma, che gioca un ruolo chiave nel regolare la risposta immunitaria e che viene prodotta in eccesso nei pazienti con Hlh.
La somministrazione del farmaco ha consentito di ‘spegnere’ l’eccessiva risposta infiammatoria nei bambini coinvolti nelllo studio, neutralizzando gli effetti derivanti dall’eccessiva produzione di interferone-gamma. Sempre Locatelli ricorda che “in Italia possiamo stimare 9-10 nuovi casi l’anno come il piccolo Alex”.
IL PICCOLO ALEX MONTRESOR GUARITO CON EMAPALUMAB
Alex è stato dunque curato al Bambino Gesù integrando l’uso sperimentale di emapalumab con un trapianto dal padre. Il direttore Franco Locatelli, che è anche coordinatore del braccio europeo della sperimentazione sull’anticorpo monoclonale emapalumab, ha descritto per Adnkronos il lavoro della sua squadra e delle altre strutture coinvolte nela ricerca: “Abbiamo realizzato uno studio internazionale da entrambi i lati dell’Oceano, che ha coinvolto 34 pazienti, otto dei quali sono stati trattati al Bambino Gesù”.
La loro è una malattia rara, “che colpisce circa un nato su 50.000, e che se non riconosciuta e trattata ha un esito fatale. Ma anche con gli approcci classici, ovvero cortisone e chemioterapia, il rischio di fallimento è elevato”.
L’ematologo però è convinto che emapalumab “apre una nuova era” per questi piccoli pazienti: “Si tratta infatti di una terapia molecolare mirata, che blocca la molecola chiave” di questa patologia, “senza gli effetti collaterali della chemioterapia. E permette di portare il paziente in condizioni migliori al trapianto. Un po’ come è successo con il piccolo Alex, che dopo il trapianto dal papà è guarito”, conclude Locatelli. Una splendida notizia nella lotta sempre difficile contro le malattie rare.