45 anni dopo l'omicidio di Piersanti Mattarella potrebbe essere prossimo a una svolta: i possibili esecutori individuati grazie a un'impronta
Il caso dell’omicidio di Piersanti Mattarella – questa sera protagonista di un doppio speciale su La7 tra il programma “La Torre di Babele” e il documentario “Magma Mattarella, il delitto perfetto” – potrebbe essere vicinissimo a una svolta a poco più di 45 anni di distanza dal delitto imputato già in maniera certa a Cosa Nostra e alla sua famosa Cupola (ci torneremo dopo), con l’individuazione dei sicari che i mafiosi assoldarono per compiere il delitto di Stato.
Facendo un passo indietro prima di arrivare alla possibile svolta, è utile ricordare che Piersanti Mattarella fu ucciso il 6 gennaio del 1980: quella domenica era a bordo della sua auto assieme alla moglie, alla suocera e alla figlia e fu raggiunto da un giovane “con gli occhi di ghiaccio” che aprì il fuoco contro il Presidente della Sicilia, ferendo di striscio anche la moglie e lasciando illese le altre due passeggere del veicolo.
Assieme al sicario era presente anche un altro uomo a bordo di una Fiat 127 che fu poi abbandonata poco distante dal luogo dell’omicidio di Piersanti Mattarella: una volta trovata l’auto – che risultò essere stata ovviamente rubata – si riuscì a isolare una singola impronta di mano che all’epoca non diede alcun riscontro con i database degli inquirenti; mentre le successive indagini sull’omicidio furono piuttosto lunghe e complesse.

La svolta nell’omicidio di Piersanti Mattarella: gli esecutori individuati 45 anni dopo la morte del presidente siciliano
Complessivamente, nel corso dei lungo processi – e grazie soprattutto alle parole del pentito Tommaso Buscetta – anche se inizialmente si ipotizzò che l’omicidio di Piersanti Mattarella fosse stato compiuto dai sovversivi di estrema destra (ma senza alcuna prova materiale che li collegasse alla scena del delitto), alla fine si appurò che i mandati erano i vertici assoluti di Cosa Nostra; ovvero quella Cupula composta da Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci.
D’altra parte, anche se i mandanti dell’omicidio di Piersanti Mattarella era sempre rimasto il dubbio su chi effettivamente avesse premuto quel grilletto e chi guidato la Fiat 127: il primo nome a finire all’attenzione degli inquirenti (dopo la pista della sovversione era) fu quello di Antonio Medonia, figlio del boss Francesco, rivelato dal collaboratore Francesco Di Carlo ma mai effettivamente collocato sulla scena.
Proprio partendo dal figlio del boss – che nel frattempo condannato a 7 ergastoli per altri delitti eccellenti -, gli inquirenti hanno pochi mesi fa deciso di tornare su quell’impronta prelevata sulla scena dell’omicidio di Piersanti Mattarella: attualmente, infatti, a carico di Antonio Medonia e Giuseppe Lucchese è stato notificato un avviso di “accertamento tecnico irripetibile” durante il quale le loro impronte verranno confrontate con quella sulla Fiat 127 per capire se uno dei due fosse effettivamente presente sulla scena.
