Secondo la Cgil, tra gennaio e marzo del 2013 i lavoratori in cassa integrazione guadagni (Cig) sono stati ben 520 mila con un incremento del 22,4% rispetto al precedente mese di febbraio e dell’11,9% rispetto al primo trimestre del 2012. Si tratta di valutazioni discutibili visto che il conteggio della Cig si effettua sulla base delle ore autorizzate e che, quest’ultime, anche nei periodi più gravi della crisi, vengono utilizzate in misura del 50-60% delle prime (in certe regioni vi sono state anche utilizzazioni inferiori). Al di là dei numeri, il problema esiste ed è serio. Tanto che i sindacati manifestano oggi davanti alla Camera.
Anche il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha riconosciuto che – nonostante gli stanziamenti finora succedutisi (l’ultima tranche pari a 200 milioni) – è garantita una copertura finanziaria solo per metà dell’anno in corso. Lo stesso gruppo dei saggi-facilitatori, incaricati dal presidente Napolitano di formulare delle proposte programmatiche ha messo nero su bianco nei documenti conclusivi l’esigenza di finanziare in modo adeguato la Cig, stimandone l’onere in un ulteriore miliardo. Ovviamente si parla della cosiddetta Cig in deroga. Di che cosa si tratta? È bene fare un po’ di storia.
Nell’autunno del 2008 la crisi internazionale si presentò con una violenza largamente imprevista e imprevedibile, con tratti di profondità e di radicalità improvvisi e profondi che posero tutte le economie dei paesi sviluppati di fronte a scelte repentine per fare fronte a effetti sociali che avrebbero potuto avere conseguenze drammatiche sull’occupazione e sul tenore di vita delle famiglie. Anche l’Italia, nonostante il Governo prima dell’estate avesse intuito l’avvicinarsi della crisi e già deciso di “mettere in sicurezza” per un triennio il bilancio dello Stato (mentre l’opposizione invocava il deficit spending con lo stanziamento straordinario di risorse corrispondenti a un punto di Pil) mediante l’anticipazione della manovra di bilancio, si era trovata coinvolta in questa “tempesta perfetta” con le aggravanti delle sue fragilità di sistema. Si rese necessario decidere in fretta, ma prima ancora divenne urgente compiere delle scelte sulla base di precise priorità a cui destinare le risorse (comunque scarse) a disposizione.
Le imprese, trovatesi all’improvviso prive di ordini e sottoposte alla richiesta di rientrare delle loro esposizioni con le banche anche per il credito ordinario, costrette a ridurre drasticamente i loro volumi produttivi, si ponevano drammaticamente il problema di che cosa fare della manodopera. Ad avviso della sinistra occorreva riformare l’indennità di disoccupazione per renderla applicabile a tutte le posizioni lavorative, comprese quelle cosiddette precarie. Sarebbe stato, invece, un segnale con effetti devastanti. Le aziende sarebbero state invitate a licenziare. Il Governo giocò invece la carta degli ammortizzatori sociali, estendendone, mediante la Cig in deroga e la riorganizzazione, in via amministrativa, della Cig ordinaria e di quella straordinaria, la copertura anche ai quei settori del mondo del lavoro dipendente (più della metà) che ne erano privi.
Ci sono due dati che testimoniano più di tante parole lo sforzo compiuto in tale direzione che ha consentito alle imprese di mantenere collegate le maestranze senza dover interrompere il rapporto di lavoro. Quando, nel contesto della legge n.183 del 2010, il cosiddetto “collegato lavoro” (in seguito la norma relativa prese altre vie legislative più rapide), fu previsto, nell’ottobre del 2008, il rifinanziamento della Cig in deroga, lo stanziamento era fissato in 400 milioni. Nel febbraio 2009, in seguito all’accordo tra lo Stato e le Regioni, furono mobilitati 8 miliardi (rispettivamente 5,5 e 2,5) per l’anno in corso e per il 2010. Il cosiddetto tiraggio della Cig (ovvero l’effettiva utilizzazione delle ore autorizzate) fu pari al 65% nel 2009 e al 50% nel 2010. Gli schemi della riduzione d’orario – secondo l’Isfol – consentirono di salvaguardare circa 700mila posti di lavoro tra il IV trimestre del 2007 e il I trimestre del 2011. Così, lo strumento straordinario della Cig in deroga ha accompagnato tutto il percorso della crisi, fino a entrare nel meccanismo della riforma degli ammortizzatori sociali (con l’istituzione dell’Aspi) introdotta dalla legge Fornero sul mercato del lavoro.
L’intervento della Cig in deroga è infatti previsto, nella legge n.92 del 2012, all’interno del percorso graduale con cui le previgenti tutele accompagnano l’andata a regime, nel 2016, di quelle nuove. Sempre nella riforma Fornero, però, è prevista una soluzione anche per quei settori che oggi non sono tutelati dalla Cig in deroga (finanziata dallo Stato) perché non dispongono di altre forme di salvaguardia dei redditi in caso di sospensione del lavoro. Si tratta della istituzione del Fondo di solidarietà per la tutela dei lavoratori nei settori non coperti da Cassa Integrazione Straordinaria.
La riforma prevede, dunque, la salvaguardia e l’estensione della Cassa integrazione guadagni: l’importante istituto assicurativo che ha permesso alle imprese italiane di affrontare la crisi meglio che in altri paesi. L’istituto, infatti, offre un’integrazione salariale in caso di riduzione dell’orario di lavoro durante una congiuntura sfavorevole, consentendo di adeguare rapidamente l’orario di lavoro al calo di domanda, preservando però i singoli rapporti di lavoro e il loro contenuto di professionalità e di investimento. Allo stesso tempo, si potenzia l’istituto dell’assicurazione contro la disoccupazione estendendone l’accesso ai più giovani, a coloro che sono da poco entrati nel mercato del lavoro e alle tipologie d’impiego attualmente escluse (ad esempio, quella degli apprendisti).
In sostanza, non può durare a lungo un sistema di ammortizzatori sociali in base al quale una parte del mondo produttivo paga i contributi, mentre un’altra parte (quella che non era coperta attraverso le vecchie regole) continua ad avvalersi dell’intervento dello Stato e delle Regioni, grazie al finanziamento della Cig in deroga. Da tempo la soluzione è stata indicata nello sviluppo del “bilateralismo” e della sussidiarietà. La legge Fornero del 2012 ha assunto tale problematica in modo organico e in una prospettiva di stabilità. Ma, in Italia, non c’è niente che sia destinato a essere più duraturo delle soluzioni provvisorie, più ordinario delle decisioni straordinarie.