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Home » Chiesa » Movimenti Cattolici e ordini » Comunione e Liberazione » Don Luigi Giussani » CL & POLITICA/ Polito: questa nuova libertà fa bene ai ciellini

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CL & POLITICA/ Polito: questa nuova libertà fa bene ai ciellini

“Se un membro di Cl avrà a disposizione tre-quattro scelte diverse ma tutte compatibili con l’'intelligenza della fede', vuol dire che le cose migliorano”. ANTONIO POLITO

Antonio Polito
Pubblicato 16 Gennaio 2013
senatoaulaR439

Infophoto

La presa di distanza di Comunione e liberazione dalle scelte politiche dei membri di Comunione e liberazione è prima di tutto un esercizio di laicità. Può sembrare strano parlare di “laicità” a proposito di un movimento che è stato più volte accusato di essere “confessionale”; ma del resto è altrettanto strano che i critici che oggi accusano Cl di essere politicamente spaccata siano gli stessi che fino a ieri l’accusavano di essere un monolito, compattamente e acriticamente schierato dalla stessa parte politica. Il fatto è che nel dibattito pubblico italiano spesso non ascoltiamo le ragioni dei nostri contraddittori e così gli equivoci si creano, si perpetuano, e c’è anche chi ci costruisce sopra brillanti carriere di equivocante di professione. 


SERGIO RAMELLI/ "Quando lo uccisero andai in crisi, lasciai il comunismo e mi convertii grazie a Giussani"


La laicità, una delle acquisizioni più alte raggiunte dalla civiltà cristiana (molte grandi religioni, da quella islamica a quella indù, non condividono questo stesso patrimonio culturale), consiste infatti proprio in questo: nel saper distinguere ciò che è di Dio e ciò che è di Cesare. Nel caso specifico si potrebbe dire che la fede appartiene a Cristo e la politica agli uomini, e di conseguenza il giudizio sui comportamenti dei politici appartiene agli uomini, mentre quello sugli uomini appartiene a Dio. Questo ovviamente non significa indifferenza della fede nei confronti dei comportamenti dell’uomo nella società, né nei confronti del governo della cosa pubblica. Tutt’altro. La “fede è pertinente alle esigenze della vita”, e la politica può creare, o non creare, le condizioni per una buona vita: la dignità, la serenità, il benessere. E del resto i cristiani – come ha detto Benedetto XVI – “sono mossi dalla certezza che Cristo è la pietra angolare di ogni costruzione umana”. Se queste cose le può capire un non credente come me, è evidente che i credenti le capiscono benissimo.


DON GIUSSANI/ "Il dono di riconoscere Cristo come un Presenza che accade e risponde all'io"


Ma riconoscere a quel documento la laicità risulta perfino banale. Quasi un’excusatio che, per quanto mi riguarda, non era “petita”. Più interessante a mio modo di vedere è un altro aspetto. Che è racchiuso nella icastica espressione con cui don Giussani fissò i termini del rapporto tra Cl e i suoi militanti che partecipano alla vita politica (a quei tempi nel Movimento popolare e nella Dc): l’affermazione cioè di una “irrevocabile distanza critica”. Dico che è più interessante perché qui c’è un’esortazione feconda per tutti, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti. E cioè un invito a esercitare la ragion critica nei confronti di quella attività umana tra le altre che va sotto il nome di “politica”. 


Don Giussani inedito ai giovani di CL: “fate vostra la vita”/ “Non c’è umanità senza passione per la verità”


Essa infatti è a mio avviso troppo idolatrata nel nostro paese: si sente per esempio spesso dire che, se ben realizzata, la politica è la più nobile delle professioni, come se quella di un  medico o di un educatore potessero esserle inferiori (all’eccesso opposto c’è la denigrazione di chi la giudica la più ignobile delle professioni). 

Forse anche a causa del marchio che il fascismo ha impresso sulla nostra cultura nazionale, e che puntava a racchiudere la totalità dell’esperienza umana nell’attività politica e nel partito politico (l’opposto del “totus tuus” del cristiano), siamo diventati un paese decisamente iper-politicizzato, in cui cioè la politica irrompe in ogni aspetto della vita della comunità e delle persone, anche lì dove non dovrebbe e quando non vi è gradita: dall’amministrazione delle cosa pubblica (Sanità compresa), alle carriere universitarie, alle assunzioni, spesso uccidendo il merito; fino alla distorsione del dibattito pubblico, nel quale da vent’anni ormai non è più permesso chiedersi che cosa giovi al Paese, ma solo se giova a questa o a quella parte; impoverendo così drasticamente la capacità della politica di occuparsi di ciò che dovrebbe essere il suo fine, e cioè il “bene comune”.


LETTERA/ Repubblica e le "prove" utili solo per un attacco politico alla Chiesa


Se proprio dovessi dire la mia, confesserei che sono contento che i membri di Cl abbiano stavolta una pluralità di possibile impegno politico e di scelta elettorale, maggiore che in passato. Perché di questo si tratta: siccome il sistema politico italiano si è arricchito di nuovi protagonisti e di maggiore articolazione, anche i militanti di Cl, come tutti i cattolici e tutti i cittadini, hanno più alternative, e spero le usino. Credo infatti che questa abbondanza, che può certamente anche indurre in confusione, sia comunque un bene per uscire da quel bipolarismo muscolare e belluino che non ha fatto bene all’Italia negli ultimi anni. Se si parlerà più del come e meno del chi, più dei programmi e meno dei leader, e se un membro di Cl avrà a disposizione tre-quattro scelte diverse ma tutte compatibili con l’“intelligenza della fede”, vuol dire che le cose migliorano.


LETTERA A SANSONETTI/ Ecco perché io, ciellino, ho votato Berlusconi


Tra l’altro il pluralismo politico è anche un forte antidoto al cristallizzarsi delle strutture di potere, nelle quali la tentazione della corruzione, morale o materiale, può diventare troppo forte perfino per un credente. È dunque anche la condizione per cui non si debba un giorno ridire, come ha splendidamente detto Julián Carrón a proposito degli scandali che hanno colpito la Regione Lombardia: “Sono stato invaso da un dolore indicibile nel vedere che cosa abbiamo fatto della grazia ricevuta”. Perché il pluralismo è anche umiltà.

 

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