GRILLO E M5S/ Ecco perché la loro web-democrazia non può funzionare

- Sante Maletta

M5S ha rivoluzionato la vita politica attraverso la partecipazione attiva in rete. Ma che ne è della soggettività umana in questa nuova era digitale? SANTE MALETTA

beppe_grillo_m5s Un comizio di Beppe Grillo (Infophoto)

Non so a voi, ma a me stanno simpatici. Non parlo tanto dei due leader-guru, quanto dei neo-deputati e neo-senatori di M5S. In genere appaiono freschi, “carini”, quasi ingenui. Sono giovani e istruiti e, se affermano di volere distruggere il sistema dei partiti, non sembra vogliano farlo con mezzi violenti. Anche quando si propongono di “non mischiarsi con gli altri”, aggiungono subito che lo faranno non per razzismo, ma per rimanere fedeli al fine comune sostenendosi a vicenda nel “gruppo”.

Il loro successo elettorale sta provocando sconquassi nella gerontocrazia politica italiana e provocando un rinnovamento inimmaginabile sino a poco tempo fa. Per il meglio o per il peggio? Ancora è presto per dirlo.

C’è però almeno un aspetto inquietante. Tutta l’operazione M5S si regge su un assunto indimostrato, quello di aver creato un nuovo spazio pubblico (diverso da quello corrotto delle istituzioni e dei mass media occupato dai partiti). È tramite internet (così recita quello che oramai sta assumendo la forma di un mito di fondazione) che il movimento si sarebbe formato in un libero confronto di opinioni e di programmi politici. Grazie a questo assunto M5S può giustificare la scelta di auto-esclusione dai talk-show, il rifiuto di concedere interviste, in generale la negazione di ogni contraddittorio.

Che lo spazio pubblico massmediale sia una dimensione pesantemente corrotta non solo dagli intrecci di potere (politico, economico-finanziario, culturale) ma soprattutto dalle logiche immanenti al sistema stesso dei mass media è innegabile. Ma M5S non può chiamarsene fuori, visto che questo circuito lo ha usato facendo leva proprio su una delle logiche più inquietanti che lo caratterizzano, quello dell’esaltazione del “mostruoso”, del “paradossale” e di tutto ciò che sia “spudorato”. Grillo e soci, con una costanza e determinazione degne di ammirazione, hanno per anni creato eventi che, nel momento in cui attiravano la gente nelle piazze reali o virtuali in nome di parole d’ordine protestatarie (Vaffan-day ecc.), hanno costretto i tanti vituperati mass media a concedere loro sempre più spazio, evitando allo stesso tempo ogni minimo contraddittorio. Il massimo risultato con il minimo sforzo…

Un altro aspetto del sistema massmediale essenziale per comprendere il successo di M5S è il moralismo immorale.

Con questo ossimoro intendo riferirmi allo stile di quelle trasmissioni di successo (introdotte in Italia dai canali televisivi di Berlusconi ma oggi diffuse quasi dappertutto) in cui, mischiando sapientemente giornalismo d’inchiesta e intrattenimento comico, si ride delle malefatte altrui denunciate alla pubblica opinione, acquisendo così una coscienza pulita a buon mercato. 

La pur doverosa denuncia del male altrui non è la dolorosa occasione di una riflessione sulla fragilità della condizione umana nella consapevolezza che nessuno può tirarsene fuori (come accade nella migliore tradizione morale umanistica e religiosa), ma il pretesto per giustificare se stessi di fronte a ciò che rimane della propria e altrui coscienza morale e per dividere il mondo in due: noi e gli altri, onesti e corrotti, “società civile” e “casta”. Il grillismo è anche figlio di Striscia la notizia e delle Iene e non è un caso che Antonio Ricci sia stato per molti anni l’autore dei testi dei monologhi di Beppe Grillo.

Ma che dire della tanto decantata democraticità della Rete? Il discorso meriterebbe un approfondimento impossibile in questa sede, visto che non sono pochi e nemmeno ininfluenti gli studiosi che hanno esaltato le doti democratiche di internet. Se c’è un aspetto che però è decisivo per la democrazia è l’esistenza di uno spazio pubblico, vale a dire di una dimensione esistenziale (necessariamente impura) che rende possibile agli individui di apparire in parola e azione comunicando agli altri le proprie opinioni e, in definitiva, se stessi. Uno spazio pubblico esiste se è possibile l’incontro con l’altro e la fatica del confronto col suo punto di vista.

L’incontro con l’altro presuppone innanzitutto la possibilità di percepirlo nella sua alterità, la possibilità che esso mi spiazzi rispetto ai miei pregiudizi, alle mie attese e pretese. Se è necessario riferirsi a categorie (destra, sinistra, conservatori, progressisti ecc.) per ordinare questo spazio, è anche necessario però che tale categorizzazione non abbia un carattere ideologico, cioè che non ci impedisca l’incontro con l’altro nella sua individualità e concretezza esistenziale. L’incontro con l’altro coinvolge la persona nella sua interezza: sensibilità, intelletto, immaginazione, emotività. L’asetticità non è un’opzione; simpatia e antipatia, amore e odio sì.

In definitiva, l’incontro con l’altro potenzia e allo stesso tempo è reso possibile dalla riflessività. Solo se son capace di allargare la mia mente per comprender la prospettiva altrui posso comprendere chi è diverso da me e allo stesso tempo scoprire dimensioni del reale a me sconosciute, necessarie perché il mio giudizio sia capace di non ridurre la complessità del mondo e la mia decisione sia il meno ingiusta possibile.

Sicuramente il sistema dei mass media non favorisce tale processo. L’esperienza comune di un talk-show politico è quella di un battibecco in cui le prospettive difficilmente si incontrano. Ma l’universo dei nuovi media elettronici ­(dalla posta elettronica ai social network, dagli sms ai forum di discussione) sembra operare ancora di più nel rinchiudere la prospettiva soggettiva in una sorta di fortino da cui rispondere colpo su colpo, in una maniera reattiva che spesso sfocia nel turpiloquio, a quelle che vengono recepite nel migliore dei casi come provocazioni.  

La dimensione spaziale (lo spazio virtuale) e quella temporale (il cosiddetto “tempo reale”) non favoriscono quelle dinamiche affettive, intellettuali e di immaginazione che rendono possibile un reale incontro con l’altro. Il medium è il messaggio, diceva M. McLuhan.

Se ciò che ho detto è vero, il problema che il successo di M5S pone travalica la dimensione strettamente politica per individuare un problema epocale: che ne è dell’essere umano e della sua soggettività nell’era che (tra il serio e il faceto) mi piace definire dei mezzi di distrazione di massa





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