La stabilità dell’Italia, mito inseguito con teutonica ostinazione da Angela Merkel con decisioni rudi ed a volte ai limiti dell’ingerenza, è legata non tanto alla legge elettorale quanto alle elezioni siciliane. È la Sicilia insomma la stabilità dell’Italia. E dire Sicilia significa dire “centro”.
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Elettori naturalmente moderati, attratti dall’establishment, i siciliani devono però ancora stabilire, sulla base della definizione del corregionale cantante Franco Battiato, chi sia il “centro di gravità permanente” dello scenario politico.
Lo spinoso Lombardo? Il mai domo Cuffaro? Il casiniano e casinista D’Alia? L’ameboide ma pervasivo Alfano? La rutilante genia di baronesse berlusconiane, dalla Prestigiacomo alla Giammanco, orchestrate dal viceré Micciché? Intanto anche a Roma si parla siculo. Verdini riunisce i suoi corsari del centro riformatore nell’aula della commissione Difesa al Senato, insieme al palermitano Francesco Saverio Romano e al capogruppo Lucio Barani, per fare il punto sul futuro politico di Ala in vista delle prossime elezioni e per serrare i ranghi alla luce delle varie lusinghe che alcuni parlamentari starebbero ricevendo in particolare da Forza Italia, interessata ad ingrossare le proprie fila per contare di più nella discussione sulla legge elettorale. Alla riunione ha partecipato anche Enrico Zanetti, che sta al “centro” come Scelta Civica sta alla politica, cioè meno di zero.
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Lo scenario delineato da Verdini non avrebbe rassicurato troppo gli accorti mercenari del senatore fiorentino. La trattativa che a un certo punto si sarebbe aperta con Alfano — avrebbe spiegato Verdini — non sarebbe andata a buon fine visto che l’invito rivolto al titolare della Farnesina di fare un passo indietro per lasciare il coordinamento dell’ammucchiata centrista a Lupi non avrebbe sortito l’effetto sperato.
Per i due vecchi sodali Angelino e Maurizio, infatti, dire “centro” vuol dire “me stesso medesimo”. E così le strade che si aprirebbero davanti agli aspiranti centristi di ogni forma e colore sarebbero sostanzialmente tre. La prima, un centro autonomo da Matteo e da Silvio e costruito per tentare di superare la soglia di sbarramento della futura legge elettorale.
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La seconda, un centro che dialoghi con Renzi nell’attesa di vedere se avrà luce il “nuovo progetto politico” sostanzialmente centrista che potrebbe mettere in piedi Renzi.
La terza, un centro che torni a dialogare con FI nell’attesa di capire se l’ex Cavaliere riuscirà a dar vita davvero alla coalizione di centrodestra e con la consapevolezza che, finora, il veto di Matteo Salvini riguardi unicamente Alfano. E come tutti i raggruppamenti di centro la leadership dovrebbe essere “collettiva e plurale”… a meno di non poter ricorrere al centrale Calenda, tanto al centro delle proprie attenzioni da ritenersi perennemente fuori luogo.
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Tutto, chiaramente, dipenderà dalla legge elettorale, dalla quota di proporzionale che conterrà e dall’inserimento, o meno, di un premio di coalizione.
Nell’attesa il gruppo di Ala si sarebbe dato una scadenza entro la quale decidere come orientarsi. Quello di Alternativa Popolare, viceversa, si macera fino a disorientarsi. E la data è quella dei primi di ottobre, quando verranno depositate le liste elettorali per la Sicilia. Solo allora, infatti, avrebbe detto Verdini, si capirà quali sono davvero “i giochi” in vista delle prossime politiche.
La Sicilia insomma. Madre di tutte le battaglie. Gloriosa e infida. Se essa celebrasse, invece che il ritorno dei già citati, il trionfo del Movimento 5 Stelle se ne dedurrebbe che l’isola avrebbe trovato il suo “nuovo centro”. La nuova stabilità dell’Italia. Vielen Danke, Frau Merkel!
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