SCENARIO/ Da Prodi a Berlusconi passando per Di Maio, chi mescola il minestrone impazzito?

- Gianluigi Da Rold

L’attuale situazione politica pre-elettorale resta un condensato di anomalie, con i transfughi passati da una parte all’altra, la mancanza di programmi e i pm. GIANLUIGI DA ROLD

elezioni_voto_schede_elettorali_2_lapresse_2016 Elezioni Comunali Amministrative 2018, Toscana e Umbria (LaPresse)

C’è chi sostiene che nel sistema politico italiano sia in atto una sorta di evoluzione, che, dopo il voto del 4 marzo prossimo, ridisegnerà gli schieramenti politici, con un nuovo “baricentro”, una nuova sinistra e una nuova destra. In questa visione, che tutto sommato ha connotati parzialmente ottimisti perché prevede uno sbocco, si vedono comunque i segnali della crisi della democrazia rappresentativa presenti in tutto il  mondo occidentale. 

In genere, il ragionamento che si concentra sull’Italia, con più apprensione che altrove, è dovuto al fatto che il Paese ha problemi più gravi per la decadenza della classe politica emersa in questi ultimi venticinque anni, prima ancora della grande crisi economica del 2007-2008, che di fatto ha rimesso tutto in discussione in tante parti del mondo: dalla predominanza della finanza alle diseguaglianze sociali, all’impoverimento del ceto medio, alla diffidenza verso la rappresentatività tradizionale e alla rivoluzione in atto nel mondo del lavoro e della produzione, che prevede inevitabilmente un nuovo ruolo e una nuova visione anche per i sindacati.

Ma non c’è solo questo. Il problema italiano è un condensato di anomalie per la sua storia democratica, più giovane e più problematica di molti altri paesi occidentali. E qui si entra nella cronaca di questi giorni, di nevrosi ansiosa in attesa del risultato del 4 marzo e delle convulsioni sia di carattere politico che di carattere istituzionale che emergono in un clima che inevitabilmente si è indotti a definire di grande confusione.

Tanto per cambiare, la magistratura ci ha messo, come al solito, lo zampino. Ieri sera la Corte d’appello di Milano ha revocato i provvedimenti di respingimento, ma per due giorni si è discussa l’eventualità che 17 candidati del centrodestra, in altrettanti collegi lombardi, venissero escusi per “documentazione mancante”: cose da far rabbrividire i burocrati più incalliti e più pasticcioni di questo Paese. Ma era proprio necessario creare un simile caso?

Ma questo non basta. Pensando che l’incidente possa essere superato facilmente, con una “documentazione completata”, non si può prescindere dall’osservazione desolante di rigurgiti e convulsioni di grande confusione, sia sulla destra che sulla sinistra dello schieramento politico italiano. In definitiva, un classico italiano tra “puntualizzazioni” della magistratura e pasticci a destra, al centro e a sinistra.

E’ vero che veniamo già da una legislatura molto confusa, preceduta da un “passaggio tecnico” con i brividi, che ha causato non solo gli aspetti deflazionistici che possiamo ancora vedere, ma soprattutto un tourbillon di cambiamento di casacche, cioè di trasmigrazione di persone da un partito all’altro, da una coalizione all’altra che il trasformismo tradizionale ottocentesco può sembrare un gioco da ragazzi. Ma questa confusione sembra ora moltiplicarsi sul terreno squisitamente politico.

Nel centrodestra non mancano gli “scherzi”, come quello fatto nottetempo a Nunzia Di Girolamo (era capolista in un collegio della Campania, ma è stata retrocessa e quindi spostata anche in Emilia), ritornata alla casa madre dopo un periodo di “vacanza” al governo di larghe intese senza Berlusconi. Si può notare che, rispettando un vecchio detto di Ennio Flaiano sugli italiani “Bravi a correre in soccorso dei vincitori”, sul carro del centrodestra ci sono tanti ritorni che per un certo periodo si ritenevano impensabili. E questo dopo i primi rilievi dei sondaggi che davano il centrodestra in vantaggio.

Ma tuttavia tra cambiamenti di casacche, andate e ritorni, ripensamenti e ravvedimenti, nel centrodestra si continua a discutere animatamente sulla consistenza della cosiddetta flat tax, sull’utilità delle alleanze e di quali alleanze, sui cambiamenti da fare alla legge Fornero, sull’atteggiamento da tenere verso l’Europa. Lasciamo perdere la fiera delle promesse, a cui nessuno più crede, ma alla fine quale è il programma preciso di questa coalizione che punta alla maggioranza?

Alla confusione presente nel centrodestra, tra la stanchezza di Berlusconi, le sparate di Salvini e il decisionismo della Meloni, corrisponde altrettanta confusione nella sinistra presa nel suo complesso, tra il Pd, gli scissionisti di Liberi e uguali e i personaggi che sembravano pontieri di una nuova e sempre più ipotetica alleanza post-elettorale.

In Emilia, terra di sinistra per antonomasia dall’ultimo dopoguerra, un democristiano storico come Pier Ferdinando Casini (che con la sinistra non ha nulla a che fare), si trova in competizione per il Pd con una bandiera della sinistra post-comunista come Vasco Errani. 

E’ veramente complicato districarsi in una simile kermesse, o meglio in un tale “festival del mascheramento” considerando che ci sono poi duelli dove personaggi, che vengono dal centrodestra e si trovano oggi alleati con il Pd, vanno a scontrarsi con esponenti di antica milizia di sinistra, sia post-comunista che di altra provenienza.

Si possono trovare decine di scontri rovesciati o un tempo impensabili nei collegi uninominali tra esponenti dell’ex destra e dell’ex sinistra, oppure della nuova sinistra che si oppone alla sinistra tradizionale che è ancora interpretata dal Pd. Il tutto appare come un minestrone incredibile.

In fondo si comprende dall’ultima dichiarazione di Romano Prodi, che nel giro di 24 ore si schiera prima con Matteo Renzi, ma soprattutto con il Pd, prendendo poi le distanze dallo stesso Renzi e nello stesso tempo attacca Liberi e uguali, la politica di Grasso e Bersani, perché non interpreterebbe il centrosinistra. Qui siamo all’enigma angoscioso con il pendolino che ciondola davanti agli occhi, come in altri momenti più drammatici per la vita di Prodi. 

Il minimo che si possa dire è che il momento di confusione che stanno attraversando i cosiddetti “padri nobili” di quello che è rimasto della sinistra italiana è incredibile. Forse sono proprio le parole contraddittorie e i comportamenti tortuosi di Prodi e altri, in questo ultimo periodo, a dare la misura della grande confusione a sinistra che fa da contraltare alla grande confusione che si vede a destra.

Una simile situazione quale sbocco può avere? Ritorniamo a quanto dicevamo all’inizio. E’ sperabile che emerga una soluzione, perché questo Paese ha bisogno di essere governato e ha l’urgenza di risolvere alcuni nodi istituzionali che non sono stati ancora risolti. 

Ma è pure normale pensare a una sorta di “cauchemar”, a un incubo fastidioso: che alla fine si coltivi questa confusione per sfuggire alle responsabilità di scelte coraggiose e si deleghi ad altri poteri il futuro dell’assetto politico ed economico italiano. 

C’è una legge non scritta che va tenuta presente: le grandi confusioni non portano mai  a nulla di buono, a instabilità cronica in politica e non solo a risultati incerti che si cerca di sfruttare prendendo tempo.





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