Una campagna elettorale che sarà ricordata per il ritorno di Berlusconi sulla scena. Ma anche di Prodi. Entrambi hanno un obiettivo, ma dovranno accordarsi. DANIELE MARCHETTI
La presente campagna elettorale, oltre che per l’incertezza, pari forse a quella del ’48, sarà ricordata per la “rinascita” di Berlusconi. Ma anche il ritorno sulla scena politica nazionale del suo eterno rivale, Romano Prodi.
Due storie e due ambizioni che proprio dell’incertezza (sempre calcolata) hanno fatto l’arma vincente delle loro carriere politiche. L’uno “giustifica” l’altro, come sempre e — forse — più di sempre. Ma questa volta con una novità: entrambi sono dalla stessa parte della barricata. Dall’altra c’è il nemico comune: l’ideologismo populista dei 5 Stelle e della Lega.
Ed ecco che tutto appare improvvisamente diverso: quelli che erano gli alfieri delle fazioni contrapposte si ritrovano ad essere i “garanti del Paese”. Con stili indubbiamente diversi, ruoli apparentemente antagonisti ed interessi (anche personali) a prima vista divergenti se non addirittura contrapposti.
Nessuno dei due ha da chiedere molto: entrambi hanno rivestito le più alte cariche dello Stato senza però poter aspirare al sommo Colle. Pecca insopportabile per entrambi e che entrambi ambirebbero a sanare in quella che potrebbe essere, per entrambi, l’ultima vera chance.
Renzi, ben cosciente della posta in palio, ha mangiato la foglia e giocando d’anticipo ha tentato il classico due piccioni con una fava: sfondare a sinistra con la minaccia-avvertimento che “ogni voto dato a Grasso aiuterà il centrodestra a conquistare il Governo ed avvicinerà Berlusconi al Quirinale”, e risvegliare gli indecisi di centrosinistra per tentare una rimonta del Pd ridimensionando l’influenza (anche sul versante interno) del professore e delle sue “quirinarie” ambizioni.
Ma guardare solo a Roma rischia di rivelarsi un boomerang. Nella prossima legislatura, infatti, oltre alla partita del Colle (prevista per il 2022), si giocherà un altro importate match: quello dell’Europa con l’elezione del nuovo presidente della Commissione europea. Un uno-due che potrebbe armonizzare le eterne rivalità soprattutto se giocato di concerto al grande matador Gentiloni: uomo di larghe vedute oltre che di larghe intese (nel segno del Colle).
Gentiloni a Palazzo Chigi, Prodi al Quirinale e Berlusconi a Bruxelles; la stabilità è assicurata, l’Europa garantita. Con tanti saluti per i due Matteo (e la legge Severino).
