La Corte dei Conti ha pubblicato le motivazioni del no al Ponte sullo Stretto: criticità sulla gestione dei contratti e sulla direttiva habitat

Dopo circa un mese dal contestato stop da parte della Corte dei Conti del visto di legittimità sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, sono state pubblicate le motivazioni addotte dai giudici contabili, sintetizzate in due principali profili di criticità sull’iter che violerebbero altrettante normative europee.



Tutte questioni, però, non insormontabili: infatti, a ridosso della pubblicazione del parare della Corte, da Palazzo Chigi è stata emessa una nota nella quale si precisa che è iniziato “l’approfondimento da parte del Governo” sulle perplessità emerse sul Ponte sullo Stretto; fermo restando che a una prima occhiata sui profili evidenziati sembra esserci “un ampio margine di chiarimento” per permettere all’Italia di dotarsi di “un’infrastruttura strategica” che è attesa ormai “da decenni”.



Ora, infatti, la palla passa nuovamente nelle mani del governo e della società che dirigerà i lavori del Ponte sullo Stretto che dovranno fornire alla Corte dei Conti delle risposte esaustive alle perplessità sollevate per poter ottenere il via libera definitivo; fermo restando che potrebbe anche essere aggirato con abbastanza voti a favore da parte del Parlamento.

Come dicevamo poco fa, i dubbi sul Ponte sullo Stretto evidenziati dai giudici contabili sono soprattutto due, a partire dalla procedura con la quale sono stati aggiornati i contratti di appalto già stipulati nel 2006: secondo la Corte, infatti, il Cipess si sarebbe limitato a modificare date e importi senza condurre la dovuta istruttoria e – soprattutto – una gara d’appalto resa obbligatoria dalle ingenti modifiche economiche; tutto in contravvenzione dell’articolo 72 della direttiva europea sugli appalti, ovvero la numero 24 del 2014.



Corte dei Conti: “Il progetto del Ponte sullo Stretto non è di imperativo interesse pubblico”

Il secondo – e maggiormente dettagliato – dubbio della Corte dei Conti sul Ponte sullo Stretto riguarda, invece, la direttiva CE 92/43, spesso definita semplicemente “direttiva habitat”: per capire questo punto è necessario fare un passo indietro per ricordare che già nel 2024 la Commissione tecnica VIA-VAS aveva sollevato perplessità relative alla tutela di tre siti d’interesse che erano stati inseriti tra quelli “Natura 2000”.

Matteo Salvini al Meeting di Rimini: il plastico del Ponte sullo Stretto (ANSA 2025, Dorin Mihai)

Per superare l’ostacolo che avrebbe impedito la costruzione del Ponte sullo Stretto, il governo si era appellato ai cosiddetti “motivi imperativi di interesse pubblico” (Iropi) previsti dalla stessa direttiva Habitat e che permettono – in casi eccezionali e strettamente regolati – di aggirare il parere VIA-VIS; puntando soprattutto sulle ricadute economiche positive che il Ponte sullo Stresso avrebbe avuto per la Calabria, la Sicilia e l’intero paese.

Secondo la Corte, però, le “ricadute economiche” del Ponte sullo Stretto non fanno parte delle motivazioni previste dalla direttiva habitat (che parla solo di salute pubblica, sicurezza e impatto ambientale); né – proseguono i giudici – sarebbe esaustiva la documentazione tecnica Iropi, dato che mancherebbe della firma della Commissione VIA-VAS e – forse soprattutto – dell’obbligatoria valutazione da parte del Mase e di altri organi competenti.