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Home » Economia e Finanza » PORTO DI TRIESTE/ Berlino lo “regala” alla Cina ma l’Italia risponde con Fca e Asi

  • Economia e Finanza

PORTO DI TRIESTE/ Berlino lo “regala” alla Cina ma l’Italia risponde con Fca e Asi

Marco Pugliese
Pubblicato 4 Ottobre 2020
bora_trieste_maltempo_mare_nave_lapresse_2018

La bora sul porto di Trieste (LaPresse)

La tedesca Hhla diventa prima azionista del porto di Trieste. Ma l'Italia non sta a guardare: alleanze strategiche su auto (con la Francia) e spazio (con gli Usa)

Mezzo mondo economico e commerciale guardava al prossimo acquisto cinese: il porto di Trieste. Invece ci ha pensato Hhla (Hamburger Hafen und Logistik Ag) a diventare primo azionista della piattaforma logistica portuale di Trieste (la costruzione è appena terminata). Sarà quindi di matrice tedesca parte della seconda fase industriale del territorio. Un terminal di 27 ettari in cui sono stati investiti 150 milioni di euro da parte dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale.


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La Hhla è quotata in Borsa, occupa 6.300 dipendenti e movimenta 7,5 milioni Teu di container; sviluppa un fatturato di 1.350 milioni euro; ha in corso investimenti in 4 terminal del porto di Amburgo, in un terminal a Odessa (Ucraina) e in uno a Tallinn (Estonia). Trieste quindi diventa hub portuale tra Nord Europa, Est ed Asia (i cinesi sono attesi). L’operazione pare ben studiata: Trieste come nodo sulla Via della Seta, ponte commerciale e area di sbocco per merci cinesi verso la Germania. L’operazione geo-economica di Berlino è un assist alla Cina, ma allo stesso tempo la Germania è preoccupata dal nascente “movimento italiano”.


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L’Italia si è mossa astutamente su due asset economici strategici: spazio e automotive. Nel primo caso Nasa (Usa) e Asi (Agenzia spaziale italiana) hanno raggiunto un accordo fondamentale nella corsa alla Luna (e qui la Cina è dietro agli Usa, che possono puntare sul funambolo Musk). Nel mentre, però, nascerà Stellantis, ovvero la fusione Agnelli-Peugeot o Fca-Psa, se preferite. Il gruppo non avrà rivali nel settore commerciale (caro ai cinesi e ora appannaggio tedesco). Il nuovo gruppo rappresenta il quarto player mondiale, ma pare già in corsia di sorpasso: i marchi tedeschi rischiano, soprattutto in Usa. In Cina la Germania domina, ma la sinergia sui veicoli commerciali porta Stellantis a posizionarsi davanti. Fca e Psa sono talmente in cima alle classifiche continentali a livello di veicoli commerciali da essere nel mirino dell’Antitrust europeo. Preoccupa la fusione, che mette a rischio le dinamiche della concorrenza. Tradotto: non c’è mercato per nessun altro. Con queste premesse Stellantis può dominare in America (Usa e Brasile soprattutto) quanto in Cina, giocandosela a livello mondiale con Toyota, che in Asia spopola.


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In Germania, dopo averci provato con Fincantieri, sono preoccupati. Il colosso industriale italiano tenterà la sinergia con i francesi di Stx (già si è registrato un tentativo bloccato da Macron, che ora però pare aver cambiato idea) per andare a creare il più grande polo industriale navale europeo: al mondo sarebbe dietro solo ad americani e cinesi (anche i russi faticherebbero). Italia e Francia insieme possono vantare brevetti, qualità di costruzione e tempi di consegna rapidi, oltre a una rete di manutenzione in loco, grazie ai cantieri sparsi per il globo. Usa e mondo arabo sono alla finestra. Roma ci pensa e Parigi è tentata.

Dulcis in fundo: lo spazio. L’accordo Italia-Usa (un colpo da biliardo) porterà notevoli benefici a Leonardo-Finmeccanica e filiera annessa. Oltre a ciò, il programma astronauti potrà probabilmente vantare candidati italiani, e non è escluso che possano partecipare alla prossima campagna lunare, tappa intermedia verso Marte. L’ Italia entra in Artemis e si riallinea agli Usa, il tutto in chiave anti-Pechino. Tecnologia, nuove prospettive ed economia spaziale: una ventata di futuro.

La Germania, dunque, trema due volte, pare solo abbozzare una reazione con Trieste (“un regalo” all’alleato cinese che spinge per una penetrazione economica non più solo soft), ma rimane il primo partner commerciale della Cina in Europa (dopo lo sganciamento di Parigi), una mela avvelenata che agli Stati Uniti non risulta digeribile. Berlino rimane in scia a Pechino (perfino nei dati di conteggio del Covid) e di fatto inguaia anche la Ue, alle prese appunto con la rinata collaborazione italo-francese che spaventa i competitor europei.

L’ asse Roma-Parigi non vede il nostro paese in seconda fascia. Anzi, la spinta per Fincantieri arriva dall’Italia (in chiave anti-Berlino) e Stellantis nasce in completa fusione, nessuna delle due parti ha quid particolari. In queste operazioni pare di rivedere in chiave moderna l’Europa sognata a Roma dai padri fondatori: consorzi transnazionali europei in grado di competere con i colossi mondiali. La Germania sembra invece ancorata a una Unione più finanziaria che industriale e soprattutto orientata verso le sirene cinesi (un guaio per noi, che siamo la seconda manifattura d’Europa).

Queste manovre macro indicano quanto il potenziale di Francia, Italia e Germania sia ancora non del tutto espresso e legato a logiche “lente” in un mondo sempre più globalizzato. L’Europa non può permettersi le sceneggiate di Rutte, deve creare colossi transnazionali autonomi nel rispetto delle politiche nazionali. Queste operazioni, con Londra fuori dalla Ue, non possono farle Austria, Lussemburgo o Spagna, devono passare per Italia, Germania e Francia. Berlino, però, lavora ancora in chiave cinese e l’operazione Trieste lo testimonia. La stampa tedesca ha tuttavia intuito come la luna sia sempre più all’interno di un secchio tremolante, un bellissimo riflesso nell’acqua scura, affascinante quanto fittizio.

E come favola zen insegna, se il manico si spezza, il secchio cade e l’acqua si disperde, insieme all’immagine della luna.

Tags: Trieste


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