Giusto onorare la memoria di Nicola Calipari, servitore dello Stato. Ma come ha fatto Mattarella, non la Sgrena, andata in Iraq con un obiettivo politico
Sergio Mattarella ha voluto ricordare Nicola Calipari, l’ufficiale dell’intelligence italiana ucciso vent’anni fa durante la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, presa in ostaggio dall’Isis in Iraq. Nessun italiano può dissociarsi dal “memo” del presidente: Calipari rimane certamente un simbolo esemplare dell’Italia migliore, quella che s’impegna sempre per riportare a casa un concittadino minacciato in un paese estero. E non di rado ci riesce: com’è successo per un’altra giornalista, Cecilia Sala, per la cui liberazione dall’Iran ha operato personalmente la premier Giorgia Meloni.
Chi avrebbe fatto bene a restare in silenzio è invece Sgrena. Vent’anni dopo è ancora viva, ma invece di rendere un omaggio discreto e riconoscente al servitore dello Stato che ha perso la vita per restituirle la libertà in patria, ieri sul Messaggero ha voluto gridare un odio immutato per l’America, per l’Occidente.
Lo stesso che l’aveva spinta ad andare a Baghdad, appositamente per addentrarsi nelle zone sotto il controllo dei miliziani islamici, con la pretesa irresponsabile di testimoniare la solidarietà della sinistra mediatica italiana a quei “valorosi combattenti”. Che poche ore dopo cominciarono a diffondere su di lei gli stessi video che in passato avevano preannunciato la decapitazione cruenta di altri ostaggi occidentali.
Calipari fu certamente ucciso dal “fuoco amico” di un soldato americano: che è stato identificato, processato e infine prosciolto – dalla magistratura italiana – dall’accusa di omicidio volontario. Non è più un “mistero” e comunque non è certo Sgrena che può di nuovo strillarvi attorno.
È invece un mistero – ma fino a un certo punto – il fatto che Sgrena giunga a strumentalizzare a fini politici il cadavere di chi vent’anni fa le ha salvato la vita. Calipari non odiava l’Occidente: Sgrena invece sì. E già allora non voleva la pace in Medio Oriente. Voleva la guerra “fino alla vittoria definitiva” contro gli Usa. E anche contro il suo Paese: contro il governo (allora guidato da Silvio Berlusconi) che l’ha sottratta alle scimitarre degli odiatori dell’Occidente.
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